La stampa scrive

"E' passato piu' di un anno da quando l'ex ministro dell'istruzione, Francesco Profumo, annunciava, con un'intervista rilasciata al piu' importante quotidiano nazionale, l'intenzione di avviare i corsi di abilitazione specifici per il personale docente precario: tutto il mondo della scuola ha accolto con soddisfazione questa decisione, poiche' per una volta l'amministrazione e' sembrata volere andare incontro alle esigenze di almeno 100 mila supplenti che necessitano dell'abilitazione all'insegnamento".

Lo afferma in una nota l'Anief, che aggiunge: "Le belle notizie pero' si sono fermate con quell'intervista. Presto il ministero dell'Istruzione ha ripreso ad assumere il solito atteggiamento di boicottaggio verso una categoria, i precari, per la quale occorrerebbe ben altro rispetto e senza la quale il sistema scolastico italiano si bloccherebbe all'istante. Oltre all'attesa infinita, con il decreto che oggi sarebbe ancora fermo alla Corte di Conti, il Miur lo scorso 25 marzo ha prodotto un regolamento che contiene dei requisiti di accesso maggiorati (tre supplenze annuali o almeno dal 1° febbraio, anziche' 360 giorni complessivi a partire dall'anno scolastico 1999/2000) e l'inutile creazione di un test nazionale d'ingresso (al fine di suddividere su tre anni i candidati ai corsi, quando sarebbe bastato sceglierli per anzianita' di servizio o in base ad altri criteri oggettivi)".

Fonte: Italpress

 

Il nuovo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, "si attivi per far avviare il prima possibile i corsi abilitanti speciali. Ovviamente facendo apporre le dovute modifiche". Lo chiede l'Anief sottolineando che circa 100 mila supplenti attendono da oltre un anno l'avvio di questi corsi. L'associazione ricorda che "l'annuncio dell'ex ministro Profumo risale al 6 maggio 2012: in tutto questo tempo quel che é stato prodotto è solo la pubblicazione di un pessimo regolamento".

"Oltre all'attesa infinita, con il decreto che oggi sarebbe ancora fermo alla Corte di Conti, il Miur lo scorso 25 marzo ha prodotto un regolamento che - spiega l'Anief - contiene requisiti di accesso maggiorati (tre supplenze annuali o almeno dal 1 febbraio, anziché 360 giorni complessivi a partire dall'anno scolastico 1999/2000) e l'inutile creazione di un test nazionale d'ingresso (al fine di suddividere su tre anni i candidati ai corsi, quando sarebbe bastato sceglierli per anzianità di servizio o in base ad altri criteri oggettivi).

"Ancora una volta il Miur - commenta il presidente, Marcello Pacifico - incurante delle richieste dei docenti precari e del sindacato, ha preferito tenere la testa nella sabbia. E meritarsi, con questo atteggiamento, l'avvio del contenzioso presso i tribunali della Repubblica a tutela dei diritti dei lavoratori: nel frattempo, infatti, sono migliaia i ricorsi che l'Anief ha raccolto e si prepara a presentare non appena il decreto sui Tfa speciali sarà ufficializzato".

Fonte: ANSA

 

Prendono il via domani le prove Invalsi: i primi a cui verranno somministrati i quesiti, 20 domande a cui rispondere in 45 minuti, saranno gli alunni delle seconde e quinte classi della scuola primaria; il 14 maggio sara' la volta degli iscritti alla prima media (30-35 test con un'ora e 15 minuti di tempo a disposizione); il 16 maggio di tutte le classi del secondo superiore (50 domande, un'ora e mezza di tempo). Il 17 giugno, infine, quasi 600 mila alunni saranno chiamati ad affrontarli all'interno dell'esame di Stato per conseguire la licenza media (con l'esito che varra' per un sesto del voto d'esame finale).

"Le novita' introdotte dai responsabili delle prove - piu' spazio alle domande aperte di matematica per dare la possibilita' di rispondere in modo piu' articolato, per l'italiano quesiti che richiedono una maggiore comprensione complessiva dei testi, in generale test piu' mirati sulle competenze e meno sulle conoscenze scolastiche - non cambiano il giudizio negativo sull'operazione ministeriale - spiega l'Anief in una nota -. Riteniamo che queste verifiche, ereditate dalla tradizione docimologica di altri Paesi, per come sono predisposte e somministrate non servono: non aiutano gli studenti e nemmeno le scuole a migliorarsi. Non si puo', infatti, valutare il percorso di apprendimento di un alunno e le performance di una scuola prendendo come riferimento delle variabili fortemente soggettive e tutt'altro che standardizzabili".

"Costruire un sistema di valutazione e' cosa ben piu' complessa. E di piu' ampio respiro. I risultati delle prove Invalsi sarebbero utili solo se 'incrociati' con altri descrittori, peraltro ben pregni di significato rispetto agli esiti derivanti dai asettici risultati di test a risposta multipla - sottolinea il sindacato -: questi descrittori, al momento non considerati dall'Invalsi, servirebbero infatti per verificare il punto di partenza delle conoscenze del gruppo classe, gli effettivi strumenti operativi a disposizione di docenti e discenti. Ma anche il grado di cultura delle famiglie di provenienza, le risorse e i servizi offerti dal territorio circostante (in diverse zone d'Italia inesistenti) e il grado di integrazione. Ci fermiamo qui, non perche' siano terminati, solo per rimanere ai piu' importanti".

Secondo il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico "quella di valutare il rendimento dei nostri alunni con test standardizzati e' una scelta che contraddice la filosofia educativa approntata e sposata in Italia negli ultimi due decenni, sempre piu' orientata al 'saper fare' e alla centralita' dell'alunno nel suo percorso educativo. Anche dopo le modifiche adottate quest'anno, la sostanza e lo spirito dei test rimangono in forte antitesi con il terreno normativo e le tante esperienze didattiche e progettuali percorse per anni nelle scuole. Ci riferiamo al Portfolio delle competenze e delle abilita', oltre che alla creazione della carta d'identita' dello studente e dell'istituto scolastico".

Fonte: Italpress

 

"Un inutile spreco di energie, soldi e tempo". Così l'Anief giudica le prove Invalsi che prendono il via domani. "Gli accorgimenti introdotti - spiega - non cambiano la sostanza: è un errore pensare di valutare il complesso percorso di apprendimento di oltre due milioni di alunni e le performance di migliaia di scuole prendendo come unico riferimento i risultati forniti da test in larga parte nozionistici. Una valutazione seria dovrebbe tenere conto di diversi fattori, ad iniziare da uno studio preliminare del territorio e delle famiglie degli studenti".

"Quella di valutare il rendimento dei nostri alunni con test standardizzati - afferma il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - è una scelta che contraddice la filosofia educativa approntata e sposata in Italia negli ultimi due decenni, sempre più orientata al 'saper fare' e alla centralità dell'alunno nel suo percorso educativo. Anche dopo le modifiche adottate quest'anno, la sostanza e lo spirito dei test rimangono in forte antitesi con il terreno normativo e le tante esperienze didattiche e progettuali percorse per anni nelle scuole. Ci riferiamo al Portfolio delle competenze e delle abilità, oltre che alla creazione della carta d'identità dello studente e dell'istituto scolastico".

Secondo Pacifico "questo genere di attività di verifica, tra l'altro affidate a decine di migliaia docenti, sottoposti a un lavoro supplementare e gratuito, non può essere considerata seria e attendibile per lo sviluppo e il miglioramento della scuola". "E' bene - conclude che il nuovo ministro dell'Istruzione lo sappia. E prenda appena possibile i provvedimenti che ne conseguono".

Fonte: ANSA

 

Non si ferma l'azione dell'Anief, che dopo il ripristino dei posti in deroga sul sostegno, la cancellazione delle code nelle graduatorie ad esaurimento, il riconoscimento degli scatti di anzianita' ai precari, in attesa della sentenza della Corte di giustizia europea sulla stabilizzazione dei supplenti con 36 mesi di servizio, ora ottiene dal Tar Lazio anche il rinvio della norma di legge sulla cancellazione dei docenti di ruolo dalle stesse graduatorie ad esaurimento.

Per il tribunale amministrativo - si legge nell'ordinanza di remissione n. 3309 del 2 aprile 2013 - la norma "appare il frutto piu' di scelte politiche contrastanti con principio meritocratico di inclusione nelle graduatorie, che non piuttosto rivolte a eliminare discriminazioni o a promuovere il lavoro di docente su tutto il territorio nazionale".

Gli avvocati Ganci e Miceli, su mandato dell'Anief e dei suoi 62 iscritti ricorrenti, con i ricorsi nn. 4716/10 e 4717/10 hanno impugnato il decreto Miur dell'11 marzo 2010 che disponeva, in ossequio a quanto introdotto dal legislatore nella legge di conversione n. 167 del 24 novembre 2009 - incurante delle memorie presentate dal sindacato nelle audizioni presso le Commissioni referenti durante l'esame del decreto legge n. 134 del 25 settembre 2009 -, la cancellazione dei docenti di ruolo dalle graduatorie ad esaurimento, in possesso di abilitazioni per altre classi di concorso o ordini di scuola. Tale depennamento avveniva automaticamente ad opera del gestore del sistema informativo del Miur.

"Il provvedimento era stato inserito, come ben ricostruisce il Collegio - spiega l'Anief in una nota -, dopo l'estenuante braccio di ferro sulla natura delle stesse graduatorie permanenti di cui alla legge 124/99 trasformate ad esaurimento dalla legge 296/06, ovvero sul divieto del trasferimento a pettine in alta provincia all'atto dell'aggiornamento delle graduatorie previsto nel 2009, contestato dall'Anief ma assunto dal legislatore prima, su richiesta del ministro Gelmini dopo il suo commissariamento e cancellato dalla Corte costituzionale, in seguito al nuovo ricorso presentato dal sindacato al Tar Lazio".

"Giova ricordare, peraltro - prosegue il sindacato -, che all'interno dello stesso articolo di legge, veniva introdotto anche il c. 4-quater, attualmente al vaglio dei giudici del lavoro, che vanificava i successi ottenuti sempre dal sindacato presso il Consiglio di Stato in merito al riconoscimento della liceita' dello spostamento dei titoli di servizio o culturali gia' dichiarati all'atto dell'aggiornamento. A niente e' valsa la difesa dell'amministrazione in merito all'esistenza dei meccanismi di mobilita' professionale che sono stati introdotti dal legislatore proprio per garantire la continuita' didattica da parte del personale in servizio e non per togliere posti ai precari".

Per Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla Scuola, "e' l'ennesima conferma di come la cultura giuridica guida la nostra azione sindacale. L'ordinanza conferma la denuncia che fin dall'inizio abbiamo espresso nei confronti di un intervento legislativo disorganico, pasticciato e illogico, attuato contro gli interessi del Paese e in tutta fretta soltanto per ostacolare le sentenze della magistratura che vedevano l'amministrazione soccombente".

In attesa della decisione della Consulta, pertanto, l'Anief invita tutto il personale docente di ruolo cancellato d'ufficio dalle graduatorie ad esaurimento che ha interesse e puo' dimostrare ad aver diritto, per scorrimento, a un incarico a tempo indeterminato in altra classe concorsuale o ordine di scuola, a partire dal 1° settembre 2011, "a instaurare il contenzioso presso il giudice del lavoro e a chiedere le istruzioni operative per ricorrere inviando un'e-mail con i propri dati anagrafici e recapiti telefonici a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.".

Fonte: Italpress

 

Le graduatorie dei precari sono da rifare, perché per il Tar del Lazio è incostituzionale la norma che ha cancellato nel 2009 i docenti di ruolo dalle graduatorie a esaurimento: è quanto sostiene l'Anief in una nota.


"Su due ricorsi presentati dall'Anief nel 2010 - si legge nella nota - il Tar solleva alla Consulta questione pregiudiziale per violazione di 5 articoli della Costituzione.
Tutti i docenti di ruolo cancellati d'ufficio, che dal primo settembre 2010 avrebbero potuto accettare un altro posto per scorrimento di graduatoria in altra classe concorsuale o ordine di scuola, possono ancora fare ricorso".

Per il tribunale amministrativo, sostiene l'Anief, la norma "appare il frutto più di scelte politiche contrastanti con principio meritocratico di inclusione nelle graduatorie, che non piuttosto rivolte a eliminare discriminazioni o a promuovere il lavoro di docente su tutto il territorio nazionale".
Per Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla Scuola, "l'ordinanza conferma la denuncia che fin dall'inizio abbiamo espresso nei confronti di un intervento legislativo disorganico, pasticciato e illogico, attuato contro gli interessi del Paese e in tutta fretta soltanto per ostacolare le sentenze della magistratura che vedevano l'amministrazione soccombente". In attesa della decisione della Consulta, pertanto, l'Anief invita tutto il personale docente di ruolo cancellato d'ufficio dalle Graduatorie ad esaurimento che ha interesse e può dimostrare ad aver diritto, per scorrimento, a un incarico a tempo indeterminato in altra classe concorsuale o ordine di scuola a partire dal 1 settembre 2010, a instaurare il contenzioso presso il giudice del lavoro.

Fonte: ANSA

 

"Per far tornare la scuola italiana su livelli accettabili non serve una nuova grande riforma. Occorre, piuttosto, ripristinare il prima possibile un orario scolastico adeguato, dando la possibilita' a tutti gli alunni che lo richiedono di fruire del tempo pieno, adottare finalmente quell'organico funzionale che permetterebbe alle scuole di attuare l'autonomia scolastica, assumere tutti i precari su tutti i posti liberi".

Sono questi i provvedimenti urgenti che l'Anief sottopone all'attenzione del neo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, dopo aver colto nelle sue prime dichiarazioni ufficiali "la voglia di imprimere un cambio di marcia all'istruzione italiana, rinunciando giustamente ai vuoti annunci e prestando attenzione alle questioni aperte della macchina amministrativa, piuttosto che rispondere alle numerose richieste di interviste o di apparizione in televisione".

A tal proposito, l'Anief nell'augurare al nuovo ministro una convincente e positiva conduzione del Miur, coglie l'occasione per ricordarle che "l'istruzione rappresenta il piu' grande investimento che un Paese moderno possa condurre: da una scuola e un'universita' di alto livello scaturiscono dei cittadini istruiti e competenti, utili a centrare un sicuro progresso personale e sociale. Ma per raggiungere questi obiettivi, imprescindibili, e' necessario che si esca dalle logiche incentrate sui tagli ad oltranza che intravedono nella cultura e nella formazione dei settori su cui risparmiare".

"Occorre sin da subito affrancarsi dalle strategie politiche che negli ultimi sei anni hanno portato alla cancellazione di 200 mila posti di lavoro e, a seguito della scellerata Legge 133 del 2008, al taglio di 8 miliardi di euro solo nel comparto dell'istruzione - sottolinea il sindacato -. Per non parlare dell'affossamento operato alle universita', dove alla riduzione progressiva del fondo ordinario e delle borse di studio rivolte agli atenei, si e' aggiunta l'incredibile eliminazione di una figura chiave anche ai fini del progresso scientifico e tecnologico: quella del ricercatore a tempo indeterminato".

"Chiediamo quindi al ministro Carrozza di dire basta a questa politica miope, figlia di una concezione errata della Conoscenza. Ci rendiamo conto - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - che le problematiche da affrontare per il nuovo ministro dell'Istruzione sono diversificate, intrecciate e complesse. Soprattutto perche' i danni prodotti dai suoi predecessori sono molteplici. Vi sono, tuttavia, delle priorita' che, anche in vista del regolare svolgimento del prossimo anno scolastico, vanno affrontate con estrema urgenza".

"Su tutte - continua Pacifico - ricordiamo al ministro che occorre riportare il tempo scuola medio quotidiano da 4 a 6 ore in ogni grado scolastico, garantendo l'orario pieno a tutte le circa 200 mila famiglie che lo hanno richiesto per la scuola primaria. A livello di personale, non e' poi piu' procrastinabile l'avvio dell'organico funzionale, con i docenti e il personale Ata assegnati alle loro scuole per almeno tre anni. Cio' permetterebbe anche di ammortizzare gli ultimi assurdi tagli attuati su migliaia di docenti inidonei e insegnanti tecnico pratici".

Piu' in generale, il sindacato invita Maria Chiara Carrozza "ad operare affinche' l'istruzione recuperi il suo ruolo di luogo di promozione di valori sani e di educazione alla cittadinanza, che ci impone la Costituzione oltre che indispensabili per muoversi agevolmente nella societa' contemporanea. A tale scopo, le biblioteche scolastiche devono aprirsi a studenti e cittadini, in modo, anche, che l'istituzione scuola recuperi quel senso dello Stato di cui si sono perse le tracce".

Fonte: Italpress

 

Per la scuola "non serve una nuova riforma". Lo afferma in una nota l'associazione sindacale Anief che ha scritto al nuovo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza.

Per il sindacato quel che occorre è "solo il ripristino dei principi fondamentali su educazione e lavoro. Si inizi da un maggiore tempo scuola, organici stabili e l'assunzione dei precari su tutti i posti liberi".

"Ci rendiamo conto - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - che le problematiche da affrontare per il nuovo ministro dell'Istruzione sono diversificate, intrecciate e complesse.
Soprattutto perché i danni prodotti dai suoi predecessori sono molteplici. Vi sono, tuttavia, delle priorità che, anche in vista del regolare svolgimento del prossimo anno scolastico, vanno affrontate con estrema urgenza".

"Su tutte - continua Pacifico - ricordiamo al ministro che occorre riportare il tempo scuola medio quotidiano da 4 a 6 ore in ogni grado scolastico, garantendo l'orario pieno a tutte le circa 200 mila famiglie che lo hanno richiesto per la scuola primaria. A livello di personale, non è poi più procrastinabile l'avvio dell'organico funzionale, con i docenti e il personale Ata assegnati alle loro scuole per almeno tre anni. Ciò permetterebbe anche di ammortizzare gli ultimi assurdi tagli attuati su migliaia di docenti inidonei e insegnanti tecnico pratici".

Fonte: ANSA

 

Il Consiglio di Stato, attraverso la sezione per gli atti normativi, ha dato parere favorevole alla proroga sino al 31 dicembre 2013, con effetto sull'anno 2014, dei blocchi degli scatti di anzianita' dei dipendenti pubblici. Per Anief e Confedir qualsiasi atto che prevede un blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici, rimane sempre in contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale 223/2012, la quale ha dato ragione a quei magistrati che avevano rivendicato il diritto allo stipendio equo.

"A rigor di logica - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per il contenzioso - l'indirizzo che la Consulta ha dato per i magistrati deve necessariamente valere anche per tutti gli altri dipendenti dello Stato. Ma non solo: se l'Italia e' ancora una Repubblica fondata sul lavoro, allora i contratti vanno rispettati. E siccome lo Stato, che li ha sottoscritti attraverso l'Aran, si e' impegnato a riconoscere il merito dei suoi dipendenti, questi patti formali non possono essere disattesi in itinere. Ancora di piu' se si tratta dei dipendenti pubblici dell'Italia - continua Pacifico - dove il costo della vita ha da alcuni anni avuto una sensibile impennata, mentre i salari degli statali, in proporzione, sono rimasti quelli di quasi 25 anni fa. Giunti a questo punto non e' piu' possibile accettare che il Governo italiano continui a vestire contemporaneamente i panni del datore di lavoro e del legislatore. Visto che le cose non stanno cosi', per i nostri sindacati sara' inevitabile aprire una nuova stagione di contenziosi. Lo faremo gia' a maggio, non appena si completera' l'iter di approvazione del DPR che toglie una porzione di stipendio a tre milioni e mezzo di dipendenti".

Fonte: Italpress

 

Parliamo della batteria di test, i 5.663 quesiti a risposta multipla, da cui verranno estrapolate le 100 domande da sottoporre ai candidati nella prova preselettiva del concorso per dirigenti scolastici 2011.

Che i quesiti fossero online prima del tempo lo dimostrerebbe, secondo i ricorrenti, la "memoria di Google": Google Cache, che ha archiviato una loro "immagine" già 6 luglio 2011 e 12 luglio 2011, un mese e mezzo prima della loro pubblicazione ufficiale, che avverrà il primo settembre 2011.

Secondo gli avvocati, questo violerebbe il principio di parità di accesso dei cittadini negli impieghi pubblici, ma secondo i giudici si tratta di "osservazioni generiche ovvero soggettivamente opinabili"

Sulla questione legata ai 976 quesiti errati, cioè 1/5 delle domande presenti nella batteria, e che, secondo gli avvocati, dimostrerebbe come "la prima fase di elaborazione dei test preselettivi è stata conotata da difetto di istruttoria e opacità" per la nomina della commissione atta a individuare tali errori, per i criteri utilizzati e per l'assenza di un verbale delle operazioni effettuate, i giudici hanno affermato che tale tesi non è condivisibile, "la brevità del tempo occorrente ai candidati per la preparazione della prova preselettiva - si legge nel testo della sentenza - e la circostanza della asserita tardiva comunicazione delle indicate 900 domande risultate errate non è idonea ad invalidare la procedura".

Pertanto, su queti punti e sugli altri punti di illegittimità avanzati dai ricorrenti, il Tar ha respinto il ricorso.

"Al di là della poco condivisibile affermazione secondo cui la pubblicazione in rete dei quiz anzitempo non è apprezzabile come tale, - ha sottolineato l'ANIEF in un comunicato giunto nella tarda serata di ieri, primo Maggio - rimane ancora da accertare nel merito definitivo se alcune risposte siano state veramente errate, fuorvianti o ingannevoli, se anche una sola risposta errata possa invalidare il bando di concorso o se una commissione di esperti si possa riunire senza verbalizzare i criteri nella selezione delle domande, tutte domande senza risposta nella sentenza contestata n. 4323/13 su ricorso reg. n. 9258/2011".

E il Presidente del giovane sindacato rilancia: "l'Anief ha deciso, in questa fase, gratuitamente, di invitare i ricorrenti ad appellare questa sentenza e tutti gli altri ricorrenti degli analoghi ricorsi a costituirsi ad adiuvandum così da avere la parola definitiva dai giudici del Consiglio di Stato su una vicenda che comunque non ha reso onore al Miur e ai sindacati dei dirigenti scolastici che, anziché vigilare sulla correttezza delle procedure od opporsi alla cancellazione delle presidenze, hanno preferito curare i propri interessi. Una vicenda sulla quale i giudici di Palazzo Spada, con atteggiamento altrettanto granitico, hanno dimostrato in più occasioni di dubitare della legittimità dell’intera procedura concorsuale.
Per informazioni, scrivi ad Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro il 21 maggio 2013 per ricevere le istruzioni operative per appellarti."

Fonte: Orizzonte Scuola

 

Con i primi giorni di maggio si esaurisce in molti casi il tempo per fare ricorso in caso di posizionamento errato (per il mancato riconoscimento di titoli o servizi). Ignorare questo passaggio potrebbe costare molto caro, perché si rischia di entrare nel vortice della mobilità coatta. Che alla luce della spending review della scorsa estate potrebbe tradursi non solo nel trasferimento ma anche nello spostamento coatto in altri comparti pubblici. E non solo…

Con l’avvento del mese di maggio, per il personale di ruolo dichiarato dai dirigenti scolastici soprannumerario sarà già il momento dei resoconti. Come già rilevato da questa testata giornalistica, gli istituti avrebbero dovuto realizzare entro il 24 aprile scorso le graduatorie d’istituto suddivise per tipologia di ruoli. E tra i docenti anche per classi di concorso. Considerano che il tempo per presentare ricorso scade è di soli 10 giorni dalla pubblicazione delle graduatorie occorre prestare la massima attenzione.

Per molti, certo, si tratta di un’operazione ininfluente. Ma per decine di migliaia di dipendenti potrebbe invece decretare il motivo alla base di un trasferimento coatto. Che, sulla base della spending review approvata la scorsa estate, potrebbe tradursi, in casi limite, anche in uno spostamento di ruolo (nello stesso Miur, come in un altro comparto della pubblica amministrazione) e in linea teorica (se non vi sono proprio possibilità di impiego alternativo, laddove coesistano scarsità di posti vacanti e limitatezza del titolo di studio spendibile) addirittura al licenziamento (dopo due anni di non ricollocazione).

È bene, quindi, che il personale interessato rivolga la massima attenzione a questo appuntamento. Ancora di più nelle scuole dove la pubblicazione delle graduatorie non è stata ancora realizzata. In questi casi, infatti, la condizione di soprannumerarietà potrebbe manifestarsi a ridosso del termine dell’anno scolastico. Quando l’attenzione, soprattutto per i docenti, è spostata sulle tante scadenze professionali da rispettare e sugli scrutini finali. Col risultato di ritrovarsi inseriti in graduatorie imposte d’ufficio. Giuste o sbagliate che siano.

Detto che dalla loro correttezza potrebbe anche dipendere l’esito della mobilità volontaria – trasferimento, utilizzazione o assegnazione provvisoria – , vale la pena ricordare che le graduatorie interne agli istituti riguarderanno anche tutti quelli cosiddetti “dimensionati”. Ovvero quelli che nel corso dell’estate verranno meno per non aver rispettato i limiti minimo di iscritti imposti sempre dalla “stretta” dal Governo Monti.

Soprattutto in quest’ultimo caso, il personale interessato farebbe bene a chiedere conforto ai sindacati. A tal proposito segnaliamo le indicazioni fornite dall’Anief, che riassumono l’ampia casistica di titolo o servizi che possono non essere riconosciuti dagli istituti: il sindacato autonomo ricorda che “tutti coloro che hanno richiesto il riconoscimento dei titoli non valutati o valutati solo parzialmente dal CCNI (abilitazione SSIS, titolo Supervisore o Tutor Tfa, diploma SSIS anche di sostegno, il servizio pre-ruolo al pari di quello prestato dopo la nomina, il servizio militare prestato non in costanza di nomina, il servizio prestato in qualità di presidente o commissario interno/esterno agli esami di maturità dopo l’a.s. 2000/2001) e che non lo hanno ottenuto, dovranno presentare reclamo, quindi – in caso di mancato accoglimento dello stesso – richiesta di tentativo di conciliazione”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

In busta paga a maggio pure l’aumento di stipendio. Scrima (Cisl): gli accordi pagano. Poi altre frecciatine alla Cgil: chi non ha firmato quell’accordo non può oggi dirsi soddisfatto contestando l’intesa che li ha resi esigibili. In attesa della replica di Pantaleo, arrivano le critiche di Pacifico (Anief): il recupero non è totale, perché il personale non è tornato all’anzianità retributiva del cedolino del 2010.

Finalmente, dopo tanta attesa, per diverse decine di migliaia di docenti e Ata della scuola è giunto il momento dell’accredito degli arretrati maturati nel 2011 a seguito dello “scatto” degli aumenti automatici sinora non riconosciuto. L’accordo raggiunto tra Cisl, Uil, Snals, Gilda e amministrazione ha infatti permesso (pur sacrificando risorse interne non certo trascurabili, tra cui un quarto dei fondi destinati al Mof), lo sblocco di una situazione che si trascinava da troppo tempo.

Per Francesco Scrima, leader della Cisl Scuola, è la dimostrazione che “gli accordi pagano”. Dopo aver ricordato che “con la busta paga di maggio si avrà poi la regolarizzazione di tutte le posizioni stipendiali (per molti ci sarà un aumento di retribuzione, per tutti si accorcerà di un anno l’attesa del passaggio allo scatto successivo)”, Scrima ha colto l’occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Tornando a mandare frecciatine a quella Flc-Cgil con cui da alcuni anni non si trova più in sintonia.

“Rispettiamo la decisione di chi ha fatto scelte diverse, ma – dice il sindacalista – chi non ha firmato quell’accordo non può oggi esprimere soddisfazione perché si ridanno gli scatti e contemporaneamente contestare l’intesa che li ha resi esigibili. Non c’è alcuna logica in dichiarazioni di questo tenore, che mascherano a fatica il disagio per l’inconcludenza di comportamenti più ideologici e politici che sindacali”.

Scrima non nasconde l’importanza di riallacciare un dialogo con le istituzioni che governano il Paese. “L’obiettivo di una piena valorizzazione, anche economica, del lavoro nella scuola resta per noi al primo posto nel confronto che vogliamo aprire da subito col nuovo Governo, se andrà in porto positivamente il tentativo di formarlo. Per noi è importante arrivarci avendo nel frattempo portato a soluzione qualche problema, senza limitarci soltanto a denunciarne l’esistenza”.

In attesa della replica della Flc-Cgil, che visti i precedenti non tarderà ad arrivare, a rispondere indirettamente a Scrima è stato il presidente dell’Anief Marcello Pacifico. Il quale non ha mancato di ricordare che il pagamento degli scatti è stato “ottenuto nel 2010 e 2011, rivendicato dai sindacati rappresentativi (eccetto FLC)”, solo “grazie al taglio di 50.000 posti di lavoro e del 25% delle risorse del MOF”. E il futuro non promette nulla di buono, visto che “nel nuovo contratto, per un dipendente su quattro, gli scatti scompariranno in favore del merito – performance individuale, a parità di nuovi risparmi”. Per il rappresentante dell’Anief “quando sarà sbloccato (il blocco permane per il 2012-2013) la filosofia rimarrà”, infatti, “quella definita nell’atto di indirizzo all’ARAN a seguito dell’intesa confederale firmata sempre da alcune organizzazioni sindacali il 4 febbraio 2011: soldi in cambio di risparmi, ma non più per tutti i dipendenti ma per fasce, ovvero soltanto al 75% di essi (con un’ulteriore differenziazione tra il 25% e il 50% di essi), e non più come criterio di merito in base all’anzianità di servizio ma alla misurazione della performance individuale all’interno dell’unità aziendale virtuosa che ha raggiunto i livelli di prestazione di efficienza e di efficacia o ancora di produttività previsti a livello nazionale”.

Pacifico sostiene, inoltre, che malgrado “il riconoscimento degli scatti, a carissimo prezzo, per il 2010 e 2011”, il personale della scuola “continua a essere vessato perché non è ritornato all’anzianità retributiva prevista nel cedolino del 2010, se neo-assunto o pensionato ha avuto la ricostruzione di carriera e lo stipendio bloccato con perdita di ulteriori benefici economici”. L’Anief, quindi, si muoverà come gli riesce meglio: invitando il personale danneggiato a diffidare Mef e Miur “per ottenere quanto spettante”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

I docenti della scuola pubblica possono essere assunti solo dallo Stato: a stabilirlo e' la Corte Costituzionale, che bocciando l'articolo 8 della legge n.2/2012 della Lombardia ha accolto il ricorso presentato il 19 giugno scorso dalla Presidenza del Consiglio - Dipartimento per gli Affari Regionali – per rigettare il tentativo dell'ex Giunta Formigoni di rivendicare la piena applicazione del Titolo V della Costituzione, al fine di porre in capo alle Regioni la responsabilita' della gestione del sistema scolastico e degli organici.

Secondo la regione Lombardia, quindi, la scuola statale avrebbe avuto la possibilita' di bandire i concorsi per il reclutamento dei docenti precari con incarico annuale.

Secondo l'Anief "siamo di fronte all'ennesima dimostrazione che laddove non arriva il legislatore occorre fare rispettare la giustizia rivolgendosi alle aule dei Tribunali. Lo avevamo detto sin dall'inizio - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per le alte professionalita' - che l'ordinario svolgimento delle attivita' didattiche deve essere affidato a docenti assunti dallo Stato tramite concorsi meritocratici. E non attraverso un reclutamento per mezzo di concorsi differenziati a seconda del titolo di studi. Se in Lombardia pensavano di introdurre anche ai dipendenti l'applicazione sistematica dello 'spoiling system', che ha distrutto la classe dirigente dello Stato, hanno evidentemente sbagliato qualche calcolo: il tentativo di controllare l'accesso all'intera pubblica amministrazione - conclude Pacifico - e' andato clamorosamente a vuoto".

Fonte: Italpress

 

I docenti della scuola pubblica possono essere assunti solo dallo Stato: a stabilirlo è la Corte Costituzionale che, bocciando l'articolo 8 della legge n.2/2012 della Lombardia ha accolto il ricorso presentato il 19 giugno scorso dalla Presidenza del Consiglio - Dipartimento per gli Affari Regionali, per rigettare il tentativo dell'ex giunta Formigoni di rivendicare la piena applicazione del Titolo V della Costituzione, al fine di porre in capo alle Regioni la responsabilità della gestione del sistema scolastico e degli organici. Lo sottolinea in una nota l'Anief.

In questo modo, evidenzia l'associazione, "cade prima del via il tentativo lombardo di introdurre il modello di assunzioni dei docenti per mezzo di concorsi differenziati a seconda del titolo di studi. La legge stabiliva infatti che, a titolo sperimentale, le istituzioni scolastiche statali avrebbero potuto organizzare per un triennio, a partire dall'anno scolastico successivo alla stipula, dei concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi". "Lo avevamo detto sin dall'inizio - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per le alte professionalità - che l'ordinario svolgimento delle attività didattiche deve essere affidato a docenti assunti dallo Stato tramite concorsi meritocratici. E non attraverso un reclutamento per mezzo di concorsi differenziati a seconda del titolo di studi. Se in Lombardia pensavano di introdurre anche ai dipendenti l'applicazione sistematica dello 'spoiling system', che ha distrutto la classe dirigente dello Stato, hanno evidentemente sbagliato qualche calcolo: il tentativo di controllare l'accesso all'intera pubblica amministrazione - conclude Pacifico - è andato clamorosamente a vuoto".

Fonte: ANSA

 

Salta in Toscana il concorso per dirigenti scolastici. "Per colpa delle buste trasparenti, dei commissari nominati in conflitto di interessi e della presenza di un numero imprecisato di quesiti errati, anche il Tar toscano, dopo quelli di Lombardia, Lazio e Calabria, si arrende all'evidenza e annulla le prove dello scritto" rende noto l'Anief che definisce il concorso per diventare dirigente nella scuola pubblica italiana "il più brutto degli ultimi due decenni".

"Gli ultimi accadimenti nei tribunali - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief - indicano la necessità di trovare una soluzione politica. Che tuteli vincitori e ricorrenti. E che nel caso della Toscana, l'ultimo in ordine cronologico con un epilogo favorevole ai ricorrenti, mantenga comunque gli oltre 100 vincitori del concorso. Solo in tal caso si ridurrebbero gli effetti negativi di questa pessima procedura concorsuale, nata male e finita peggio. Con decine di migliaia di candidati costretti a subire le conseguenze di una selezione dimostratasi davvero disorganizzata, per certi versi addirittura improvvisata. E su cui pende anche il giudizio della Corte di Conti".

Anief confida a questo punto nell'opera della magistratura, sottolineando che nel corso degli ultimi sei anni il numero delle dirigenze si è ridotto, passando da circa 12mila a 8mila: "quello che è ancora più grave - commenta ancora Pacifico - è che la riduzione di circa un terzo del numero totale dei dirigenti di tutta Italia è stata attuata nella totale indifferenza dei sindacati di settore. Un taglio che ha tra l'altro come origine l'opera di dimensionamento delle scuole: migliaia di istituti venuti meno per puri calcoli ragionieristici, ignorando la loro funzionalità formativa e sociale. Meno male - conclude il presidente Anief - che proprio di recente la Consulta ha reputato incostituzionale questa decisione, perché decisa a livello centrale bypassando il ruolo imprescindibile degli enti locali".

Fonte: ANSA

 

"Per il giudice, gli interventi del legislatore nel settore della scuola non brillano per coerenza e chiarezza in quanto danno l'idea di qualcosa di raffazzonato, eppure e' indubbio come siano precettive le norme del decreto legislativo 368/01, in tema di stabilizzazione dei precari, nel rapporto di lavoro privatizzato dei dipendenti afferenti al pubblico impiego e alla scuola, prima della previsione di una speciale deroga introdotta dal legislatore gia' il 24 settembre 2009". Lo afferma in una nota l'Anief, che ha vinto due ricorsi a Bari.

"Di conseguenza, anche per effetto della legge finanziaria 2008, tutti i dipendenti pubblici che hanno maturato un servizio superiore ai 36 mesi anche non continuativi tra il 2004 e il 2009 hanno diritto all'assunzione a tempo determinato dal 1° aprile 2009, anche nella scuola, dove peraltro il personale docente ricorrente ha superato un pubblico concorso - come la stessa Corte costituzionale ha avuto modo di apprezzare - grazie al quale e' stato inserito nelle graduatorie permanenti da cui si assume per il 50% dei posti - prosegue il sindacato -. Le due docenti precarie, insegnanti di sostegno rispettivamente dal 2004 e dal 2005, state assistite dall'avvocato Michele Ursini dell'Anief nei ricorsi patrocinati dal sindacato e depositati il 22 gennaio 2013, nel contenzioso seriale coordinato dagli avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli".

Per Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla scuola, "e' l'ennesimo successo che premia la costanza e la competenza di chi vorrebbe restituire alla nostra Repubblica il dovere di rimuovere ogni ostacolo al lavoro, inteso come cittadinanza. La precarieta' nei rapporti di lavoro e' fuori non soltanto dalla nostra Costituzione ma dall'Europa, dai cui giudici (Corte di Giustizia europea), entro l'anno, si attende il giudizio sulla compatibilita' della normativa derogatoria introdotta dallo Stato italiano con la direttiva 1999/70/CE".

"Nel frattempo, a Bari si rimarca come la sentenza della Cassazione non sia di per se' applicabile, tout court, a tutto il contenzioso seriale promosso dal sindacato sulla stabilizzazione dei precari - conclude l'Anief -, mentre le recenti sentenze di appello delle Corti di Torino e dell'Aquila confermano il diritto dei precari al pagamento degli scatti di anzianita', in ossequio al principio di non discriminazione sancito sempre dalla stessa giurisprudenza comunitaria".

Fonte: Italpress

 

L'Anief, nell'augurare al presidente della Repubblica "un secondo mandato proficuo e ricco di soddisfazioni, soprattutto in chiave di rinascita del Paese, intende sottoporre alla sua attenzione il problema dell'istruzione dei nostri alunni: sebbene dovesse costituire un obiettivo nazionale primario e imprescindibile, da alcuni anni sta accusando un evidente decremento qualitativo - si legge in una nota -. Tanto che stiamo perdendo terreno pure a livello internazionale: le ultime rilevazioni, di livello Ocse e europeo, indicano la scuola italiana in caduta libera. Con risultati deludenti in tutte le materie, in particolare in quelle scientifiche, abbandoni che calano ovunque meno che in Italia e investimenti ormai cosi' modesti da essere paragonati a quelli della Grecia. Inutile sottolineare che tutto cio' non puo' essere casuale, ma e' frutto di una dissennata politica dei tagli e del ricorso a norme che hanno danneggiato gli alunni, le loro famiglie, i docenti e tutto il personale che opera nella scuola".

"Se si vuole tornare ad avere delle scuole di primordine e degli alunni competenti e preparati alle sempre piu' difficili sfide del lavoro - dichiara Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, rivolgendosi al Capo dello Stato - e' giunto il momento di cambiare pagina. Per questo ci rivolgiamo al presidente della Repubblica appena rieletto. La prima istituzione dello Stato italiano, che dall'alto della sua responsabilita' e sensibilita' sapra' indicare al Parlamento le scelte che portano verso una scuola sana e finalmente competitiva".

Anief e' convinto che "per fare questo occorre ripartire anche da una diversa gestione del personale, cominciando ad abbattere il precariato attraverso l'assunzione a titolo definitivo degli 80mila precari della scuola italiana, in servizio su altrettanti posti vacanti. La necessita' e' garantire il rispetto delle piu' moderne direttive comunitarie, sia ai fini della stabilizzazione professionale dei precari che hanno svolto piu' di 36 mesi di servizio per lo Stato negli ultimi 5 anni, sia per trovare delle rinnovate soluzioni a proposito della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti".

"Vale la pena ricordare che e' anche interesse dello Stato italiano provvedere alla stabilizzazione di queste decine di migliaia di docenti e Ata precari su posti liberi. Diverse sentenze emesse nelle ultime settimane, infatti, hanno tutte indicato la necessita' di far sborsare alle casse statali centinaia di milioni di euro per compensare l'abuso dei contratti a tempo determinato, i mancati scatti di anzianita', le mensilita' estive non corrisposte per gli anni passati e per quelli futuri fino all'eta' pensionabile degli attuali precari di lungo corso - spiega ancora il sindacato -. I tre recenti indennizzi record di oltre 150mila euro netti, piu' accessori e interessi, decisi nelle ultime settimane dai giudici del lavoro di Trapani costituiscono infatti dei precedenti che convinceranno migliaia di precari a ricorrere in tribunale per opporsi sia al trattamento economico diversificato rispetto ai colleghi di ruolo, sia alla stipula di contratti al 30 giugno, anziche' al 31 agosto, anche quando il posto e' vacante".

"Ma riformare la gestione del personale significa anche rivedere dei lavoratori della scuola in uscita. Come accade in Belgio, dove per questo stesso personale, che svolge un lavoro altamente logorante, sono previste delle "finestre" per uscire anticipatamente ed evitare, come accade per tanti docenti della scuola, di incorrere nel 'burnout' - spiega ancora l'Anief -. Per coloro che hanno alle spalle oltre due decenni di insegnamento e non intendono lasciare il servizio, e' poi sempre piu' indispensabile prevederne l'utilizzazione come "tutor professionali" da mettere a disposizione delle nuove leve di insegnanti. Come e' necessario introdurre una reale formazione in servizio di tutto il personale scolastico, sia per l'approfondimento/aggiornamento di ogni disciplina, sia per l'adozione delle procedure scientificamente piu' adeguate nel campo del sostegno agli alunni disabili".

Fonte: Italpress

 

"Il problema del precariato della scuola non risparmia nessuna zona d'Italia: anche la provincia di Trento, dove il problema della disoccupazione e' decisamente meno marcato rispetto alla media nazionale, fa registrare nella scuola una presenza record di docenti non di ruolo. La scarsita' di assunzioni degli ultimi anni, con il conseguente mancato turn over, hanno fatto lievitare il numero di precari. Cosi' oggi mentre a livello nazionale si registra una media del 20% di personale in organico non di ruolo, nella provincia di Trento la percentuale e' salita ad oltre il 33%".

Lo afferma in una nota l'Anief, spiegando che il dato e' stato presentato oggi nel corso del seminario "La legislazione scolastica nella normativa recente', svolto nell'istituto comprensivo di Trento "J.A. Comenius" e organizzato dall'associazione professionale attiva anche in campo di sindacale.

"E' grave che anche in questa zona, notoriamente prodiga di posti di lavoro stabili, l'assunzione del personale stia diventando sempre piu' una chimera - ha detto Marcello Pacifico, presidente nazionale dell'Anief -. I dati ufficiali indicano, infatti, che ormai un terzo del personale docente della provincia sia precario. Nemmeno una delle province piu' floride del Paese riesce ad imporre, quindi, la direttiva 1999/70/CE che obbliga i datori di lavoro ad assumere il personale assunto per oltre 36 mesi complessivi. Anche nelle province a statuto speciale la logica e' sempre la stessa: fare cassa a tutti i costi, riducendo il tempo scuola, a danno degli alunni".

Il futuro prossimo, tra l'altro, non promette nulla di buono. I relatori del gruppo trentino Anief hanno ricordato che "le nuove regole locali renderanno ancora piu' dura la vita lavorativa dei precari del posto: alle superiori, ad esempio, l'introduzione generalizzata dei 50 minuti di lezione, al posto dell'ora canonica, comportera' l'obbligo di far 'spalmare' ad ogni docente di ruolo ben 70 ore a disposizione per le supplenze. E anche alla primaria non va meglio, visto che le ore aggiuntive annuali da dedicare alle supplenze passeranno da 10 a 15. Alcuni precari presenti al seminario hanno poi sottolineato le loro perplessita'
sull'introduzione della IV fascia nelle graduatorie trentine, considerate illegittime perche' contrarie ad una recente sentenza della Consulta che premia il voto piuttosto che la data di abilitazione".

Durante la giornata si e' anche parlato delle leggi provinciali n. 7/97 e 21/97, attraverso le quali e' possibile derogare alla normativa nazionale che disapplicata dall'amministrazione centrale e periferica ha trattenuto il 2,5% di TFR dal 2002 a tutto il personale di ruolo e precario neo-assunto contro quanto previsto dal decreto della presidenza del Consiglio del 20 dicembre 1999 e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 223/12. Si e' ricordato che anche chi e' ritornato in regime di TFS merita di aver ripristinato l'aliquota del 2,69% presa dallo Stato negli anni 2011 e 2012.

Infine, si e' affrontato il tema della spending review e dell'istituzione di un unico fondo di finanziamento delle scuole da cui prelevare i risparmi che potrebbero fare perdere piu' di 100 posti dell'organico del personale non docente, Ata, nella Provincia. L'Anief ha manifestato "la volonta' di avviare azioni legali per il ripristino della legalita' dopo anni di cattiva gestione della macchina pubblica che ha subito la privatizzazione del rapporto di lavoro e l'invasione della politica".

"A tal proposito - ha ricordato il presidente Marcello Pacifico - e' notizia di questi giorni che dopo il blocco del contratto, l'obiettivo di chi ci governa e' arrivare all'eliminazione degli scatti di anzianita', mentre i neo-assunti hanno la carriera ferma per dieci anni".

Fonte: Italpress

 

La "piaga" del precariato della scuola non risparmia nessuna provincia: anche quella di Trento, dove il problema della disoccupazione e' meno marcato rispetto alla media nazionale, fa registrare nella scuola una presenza record di docenti non di ruolo. La scarsita' di assunzioni degli ultimi anni, con il conseguente mancato turn over, hanno fatto lievitare il numero di precari. Cosi' oggi mentre la media nazionale del personale non di ruolo e' del 20%, nella provincia di Trento la percentuale e' salita in pochi anni ad oltre il 33%.

A denunciarlo e' l'Anief. "E' grave che anche in questa zona, notoriamente prodiga di posti di lavoro stabili, l'assunzione del personale stia diventando sempre piu' una chimera", sottolinea Marcello Pacifico, presidente dell'Anief.

"I dati ufficiali indicano che ormai un terzo del personale docente della provincia di Trento lavora nelle scuole con contratti a tempo determinato. Dunque, nemmeno una delle province piu' floride del Paese riesce ad imporre la direttiva 1999/70/CE che obbliga i datori di lavoro ad assumere il personale assunto per oltre 36 mesi complessivi. Anche nelle province a statuto speciale la logica che prevale e' sempre la stessa: fare cassa a tutti i costi, riducendo il tempo scuola, a danno degli alunni".

Il futuro prossimo, tra l'altro, non promette nulla di buono: "le nuove regole locali - ha fatto sapere il gruppo trentino Anief - renderanno ancora piu' dura la vita lavorativa dei precari. Desta perplessita', infine, l'introduzione della IV fascia nelle graduatorie trentine: si tratta di un'operazione illegittima perche' contraria ad una recente sentenza della Consulta che premia il voto piuttosto che la data di abilitazione".

Fonte: Italpress

 

A fornire assistenza è l’Anief. Interessati coloro che hanno svolto solo 360 giorni negli ultimi 12 anni, tutto servizio aspecifico, sono entrati in possesso del diploma magistrale entro il 2001/2002. Ma anche chi è di ruolo e i soprannumerari. Contestata anche la parte che rende incompatibile la frequenza del Tfa speciale con altro corso abilitante. Le questioni verranno trattate dai giudici di primo grado del Lazio.

Dopo il concorso a cattedra, anche il Tfa speciale diventa oggetto di ricorso da parte dei sindacati della scuola. A farsi promotore dell’ennesima battaglia giudiziaria contro delle norme reputate troppo restrittive è ancora una volta l’Anief, l’organizzazione più incline a questo genere di percorsi a tutela dei propri iscritti. Stavolta il sindacato se la prende con le norme – incluse nel Regolamento aggiuntivo che modifica il Decreto n. 249 del 10 settembre 2010, per la cui approvazione definitiva si attende solo il via libera della Corte dei Conti - che lascerebbero fuori decine di migliaia di potenziali precari interessati ai tirocini formativi.

Le contestazioni, da sottoporre al Tar del Lazio, sono tante. Si va dall’obbligo di svolgere tre annualità da 180 giorni ciascuna nell’arco degli ultimi dodici anni scolastici, anziché i tradizionali 360 giorni complessivi, alla richiesta di inclusione del servizio svolto nell’anno in corso; dalla norma che prevede di aver svolto i 540 giorni, ma che dovrebbe far valere anche il servizio (aspecifico) su classi di concorso diverse da quelle per cui ora si chiede l’abilitazione, a quella che esclude gli insegnanti in possesso del titolo conclusivo del corso di studi dell’istituto magistrale conseguito in uno degli anni 1999, 2000, 2001 e 2002, privi di abilitazione o idoneità e che abbiano prestato servizio per almeno 360 giorni nella scuola materna e nella scuola elementare dal 1° settembre 1999. Il sindacato tenterà poi di includere coloro che sono entrati in possesso del diploma magistrale entro il 2001/2002, quelli che sono di ruolo e soprannumerari. L’opposizione al decreto non risparmia, inoltre, la parte che rende incompatibile la frequenza del Tfa speciale con altro corso abilitante (idoneità presso SSIS o TFA ordinario).

Infine, rimane aperta la questione dell’inserimento in GaE, da cui sono esclusi sia i prossimi abilitati con il TFA ordinario sia quelli che si abiliteranno con il TFA speciale, “questione che Anief ha già messo all’attenzione del nuovo Parlamento e che sarà oggetto di un’audizione specifica non appena saranno insediate le Commissioni parlamentari, visto il divieto attuale di nuovi inserimenti previsto dalla norma in contrasto con gli interventi derogatori degli ultimi anni (L. 169/08, L. ), ottenuti sempre grazie all’Anief (IX ciclo SSIS, SFP e III AFAM) e per la quale saranno lanciati due ricorsi specifici nei prossimi giorni”.

Il sindacato ritiene che “ancora una volta, la legge è stata disattesa e bisogna rivolgersi al Tar per ottenere equità e ragionevolezza nell’adozione dell’ennesima norma riguardante i precari della scuola. In maniera discrezionale, infatti, il Governo approva un Regolamento (…) attraverso una sessione riservata di esami, disattendendo quanto previsto dal Parlamento in tre leggi dello Stato, la L. 124/99 (art. 2, c. 4), L. 306/2000 (art. 1 c. 6bis), L. 143/2004 (art. 2, c. 1ter)”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

La scarsità di fondi per le scuole "sta raggiungendo livelli record. Al punto che le province, da cui dipende la gestione degli istituti superiori, stanno cominciando a mettere le mani avanti in vista del prossimo anno scolastico. Come a Savona, dove, per risparmiare sulle bollette elettriche e del gasolio da riscaldamento, i responsabili della giunta provinciale hanno scritto ai dirigenti scolastici del loro territorio chiedendo esplicitamente di predisporre le condizioni per introdurre la settimana corta". La denuncia arriva dall'Anief.

"A parte il fatto che questo genere di decisioni, l'allargamento o la riduzione del piano di lezioni settimanali, sono di competenza degli organi collegiali, è evidente - afferma Marcello Pacifico, presidente Anief - che le mutazioni scolastiche degli ultimi tempi stanno sempre più spesso condannando gli studenti a usufruire di una formazione a mezzo servizio. Oggi si chiede di ridurre la settimana scolastica da 6 a 5 giorni, il passo successivo, già peraltro tentato dal ministro Profumo, sarà quello di anticipare la maturità a 18 anni, cancellando addirittura di un anno il tempo scuola".

L'Anief parla di "chiaro progetto di smantellamento del settore" citando, a questo proposito, il taglio di un terzo del Fondo d'istituto, il tentativo del Governo di ricondurre a 24 ore l'insegnamento settimanale, le classi-pollaio,la chiusura di quasi 2mila istituti. E ricorda i dati Eurostat secondo cui per quanto riguarda la spesa pubblica per cultura, l'Italia si colloca in fondo alla classifica europea, con appena l'1,1% di investimenti rispetto al Pil, a fronte di una media Ue pari al doppio. Scarso anche l'investimento a favore dell'istruzione, per la quale in Italia si spende solo l'8,5% del Pil: se confrontato con la media Ue del 10,9%, non ci collochiamo all'ultimo posto solo per la presenza della Grecia.

"E noi che facciamo? Anziché cambiare rotta, continuiamo su questa strada", sostiene il presidente dell'Anief. Che poi aggiunge: "la richiesta formulata dalla Provincia di Savona, di accorpare le ore di lezione indistintamente in tutte le scuole non può trovarci d'accordo. Perché non si può chiedere a un ragazzo che studia in un istituto tecnico o in un liceo di rimanere sui banchi per 7-8 ore, magari affrontando nella stessa giornata materie complesse come matematica, latino e greco. E' una soluzione didatticamente inaccettabile"

Fonte: ANSA

 

"La scarsita' di fondi per le scuole italiane sta raggiungendo livelli record. Al punto che le province, da cui dipende la gestione e la manutenzione degli istituti superiori, stanno cominciando a mettere le mani avanti in vista dell'organizzazione del prossimo anno scolastico. Come a Savona, dove per risparmiare sulle bollette elettriche e del gasolio da riscaldamento i responsabili della giunta provinciale hanno scritto ai dirigenti scolastici del loro territorio chiedendo loro esplicitamente di predisporre le condizioni per l'introduzione la settimana corta. Che significa far quadrare i conti cancellando un giorno di scuola, il sabato". Lo afferma in una nota l'Anief.

"Ora, a parte il fatto che questo genere di decisioni - l'allargamento o la riduzione del piano di lezioni settimanali - sono di competenza degli organi collegiali, e' evidente – dice Marcello Pacifico, presidente Anief - che le mutazioni scolastiche degli ultimi tempi stanno sempre piu' spesso condannando gli studenti a usufruire di una formazione a mezzo servizio. Anche perche' oggi si chiede di ridurre la settimana scolastica da 6 a 5 giorni. Il passo successivo, gia' peraltro tentato dal ministro Profumo, sara' quello di anticipare la maturita' a 18 anni, cancellando addirittura di un anno il tempo scuola".

"Un sindacato serio, come l'Anief, non puo' rimanere in silenzio di fronte a questa tendenza formativa al ribasso - prosegue la nota -. Semplicemente perche' incide negativamente sull'organizzazione scolastica e di chi vi opera, oltre che sulle competenze che devono acquisire gli allievi. Soprattutto quando fa parte di un sempre piu' chiaro progetto di smantellamento del settore: basti solamente pensare al taglio di un terzo del Fondo d'istituto da utilizzare per tutte le attivita' collaterali e progettuali alla didattica; alla volonta' del Governo, poi sfumata solo per la forte protesta di piazza, di ricondurre a 24 ore l'insegnamento settimanale di tutti i docenti; alle classi 'pollaio', con un numero di alunni per aula che si aggira ormai mediamente sulle 28-30 unita'; alla chiusura incostituzionale di quasi 2 mila istituti".

"Si tratta di decisioni, inoltre, che vanno tutte a confluire verso quanto rilevato appena pochi giorni fa dall'istituto europeo di statistica. Attraverso un dettagliato studio, Eurostat ha messo a confronto gli investimenti di spesa pubblica per cultura e scuola - spiega ancora il sindacato -. Per quanto riguarda la prima, l'Italia si colloca in fondo alla classifica europea, con appena l'1,1% di investimenti rispetto al Pil, a fronte di una media Ue pari al doppio. Scarso anche l'investimento a favore dell'istruzione, per la quale in Italia si spende solo l'8,5% del Pil: se confrontato con la media Ue del 10,9%, non ci collochiamo all'ultimo posto solo per la presenza della Grecia".

"E noi che facciamo? Anziche' cambiare rotta, continuiamo su questa strada - sostiene il presidente dell'Anief -. La richiesta formulata dalla Provincia di Savona, di accorpare le ore di lezione indistintamente in tutte le scuole non puo' trovarci d'accordo. Perche' non si puo' chiedere ad un ragazzo che studia in un importante istituto tecnico o in un liceo di rimanere sui banchi per 7-8 ore, magari affrontando nella stessa giornata materie complesse come matematica, latino e greco. E' una soluzione didatticamente inaccettabile. Che, sempre secondo il sindacato, i capi d'istituto non possono nemmeno prendere in considerazione. Qualora, invece, i dirigenti la presentassero al Collegio dei Docenti, spettera' al corpo insegnante bocciarla sul nascere".

"Vale la pena ricordare - continua Pacifico - che le scuole italiane sono ormai abituate ad andare avanti tra mille difficolta'. Tanto e' vero che da anni devono fare i conti con mancanze di ogni genere: dalla carta igienica, ai gessetti per le lavagne, dai toner per le stampanti all'assenza di manutenzione ordinaria e straordinaria. Sino a sorteggiare i supplenti per decidere quali pagare con i pochi fondi a disposizione. Se l'indicazione delle province dovesse realizzarsi - conclude il presidente dell'Anief - vorra' dire che si stavolta si organizzeranno per sopravvivere anche al freddo e alla mancanza di luce".

Fonte: Italpress

 

"Dall'approvazione del decreto legislativo 150 del 2009, gli incentivi possono essere pagati se nello stesso comparto vengono assicurati risparmi di finanza pubblica. Cosi' e' stato nella scuola, dove si e' provveduto a concedere gli scatti automatici di 2010 e 2011 solo grazie al recupero del 30% dei fondi derivanti dai tagli agli organici voluti dall'ex ministro Gelmini. E piu' di recente attraverso la riduzione di un quarto del miglioramento dell'offerta formativa. Le prospettive? Nere. Chi ci governa intende lasciare in vita gli incrementi stipendiali legandoli alle performance individuali. Con i dipendenti trasformati in 'cannibali'".

Lo afferma l'Anief in una nota.

Fonte: Italpress

 

"Si consolida su tutto il territorio nazionale l'orientamento dei giudici di secondo grado in merito al diritto che hanno i precari della scuola di percepire gli scatti di anzianita', anziche' essere mantenuti dal Miur al livello stipendiale d'ingresso e retribuiti alla stregua di un docente al suo primo incarico di lavoro: dopo che nei giorni scorsi la Corte di Appello di Torino ha respinto il ricorso dell'avvocatura dello Stato contro la sentenza che in primo grado aveva dato ragione all'Anief, disponendo che le ragioni di risparmio della spesa pubblica non possono essere reputate necessarie per disapplicare la normativa comunitaria sui contratti a termine, dai giudici dell'Aquila giunge una sentenza analoga". Lo afferma in una nota l'Anief.

"La Corte di Appello abruzzese ha infatti ricordato che gli scatti di anzianita' ai precari vanno corrisposti, applicando a tal fine il 'principio di non discriminazione' sancito dalla clausola 4 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE - spiega il sindacato -. Il quale dispone che, sempre riguardo alle condizioni d'impiego i lavoratori a tempo determinato, questi non possono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori di ruolo. I giudici di secondo grado dell'Aquila, inoltre, hanno fatto preciso riferimento alla sentenza 355/2010 della Corte di Cassazione, con la quale si e' stabilito che 'il giudice statale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e delle finalita' della direttiva europea, onde garantire la piena effettivita' della direttiva stessa e conseguire il risultato perseguito da quest'ultima'".

"E' a questo punto sempre piu' evidente - commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - che i giudici nazionali, a tutti i livelli, hanno smascherato il disegno speculativo del Miur, volto a un'evidente operazione di risparmio a danno dei lavoratori precari, che si realizza attraverso il mancato riconoscimento agli stessi di qualsiasi progressione stipendiale e degli scatti di anzianita'. Anche perche' questa interpretazione va a 'cozzare' con l'obbligo degli Stati membri dell'Ue, giustamente richiamato dalla Cassazione nel 2010, di conformarsi a quanto disposto dalla giurisprudenza comunitaria".

"I giudici italiani, in conclusione, non riescono a dare alcuna motivazione per giustificare il diverso trattamento stipendiale tra i supplenti e il personale di ruolo. E cio' nonostante l'intervento derogatorio del legislatore italiano rispetto alla stabilizzazione nella scuola del personale che ha svolto almeno 36 mesi di supplenze", prosegue l'Anief.

"La sentenza della Corte di Appello dell'Aquila - afferma Pacifico - rappresenta l'ennesima conferma della bonta' della denuncia presentata tre anni fa dall'Anief, nata proprio per dire basta al crescente precariato della scuola. Un fenomeno tutto italiano, che negli ultimi anni per mere ragioni di risparmio pubblico e' arrivato a coprire un quinto dell'organico complessivo. Un disegno poi agevolato dalla cancellazione di 160 mila posti in tre anni e dai drastici piani di dimensionamento che hanno portato alla cancellazione di quasi 2 mila istituti. Ma anche se gli organici si riducono, gli scatti vanno sempre pagati".

Fonte: Italpress

 

Approvare al piu' presto una carta europea, frutto del lavoro svolto da una commissione 'super partes', che sia in grado di garantire la mission universale e le regole dei dipendenti pubblici dell'Europa a 27. La proposta e' stata lanciata oggi a Roma da Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalita', direttivi e quadri PA, a conclusione del convegno Confedir-Unadis "Venti anni dalla privatizzazione del pubblico impiego: la dirigenza dello Stato tra riforma, controriforma e prospettive future".

Il sindacalista ha ricordato che negli ultimi due decenni l'azione combinata di norme e leggi volute dai vari Governi, per mere ragioni di finanza pubblica, in particolare i decreti legislativi 29/1993, 165/01 e 150/09, hanno spostato i contratti di circa 3 milioni e mezzo di dipendenti e dirigenti pubblici verso modalita' sempre piu' di tipo privatistico. Influendo negativamente su piu' ambiti: dalla "stretta" sulle pensioni a quella che riguarda il trattamento di fine servizio, dal merito legato alle perfomance alla razionalizzazione esasperata delle spese, dai licenziamenti alla mobilita' intercompartimentale coatta, sino alla cancellazione del 13% dei posti in un solo anno, al perdurante blocco dei contratti, alla mancata stabilizzazione e all'appiattimento delle carriere.

Alla luce di questo andamento a senso unico, Pacifico ha quindi pubblicamente posto ai presenti al convegno due domande: "Perche' si e' voluto privatizzare il settore pubblico? E perche' l'Europa non interviene?". Il sindacalista ha quindi detto che l'intervento di un documento "di portata sovranazionale appare al momento l'unica strada percorribile per contrastare quella 'controriforma' in atto voluta dei decisori politici italiani. Una deriva che ha reso sempre piu' instabili gli impegni assunti negli anni dai Governi con le parti sociali, sotto la scure dei mercati, fino a penalizzare ingiustificatamente e discriminativamente i lavoratori assunti nel pubblico rispetto al comparto privato".

Secondo il sindacato, dunque, "la realizzazione di un documento di stampo europeo, ancora di piu' in questa situazione di incertezza governativa nazionale, rimane al momento l'unica strada percorribile per arrestare la deriva di norme e contratti che negli ultimi anni si sono abbattuti contro i lavoratori statali italiani".

"La sua attuazione, accompagnata da un serio piano di investimenti, sia sul versante dell'istruzione sia su quello della cultura, questo si' correttamente mutuato dai privati, porterebbe finalmente - ha concluso Pacifico - ad una corretta gestione dell'apparato pubblico. Della cui maggiore funzionalita' godrebbero tutti i cittadini italiani e di tutta Europa".

Fonte: Italpress

 

"Le penalizzazioni cui sono stati sottoposti i dipendenti pubblici nell'ultimo ventennio sono state talmente pesanti e vessatorie che oggi in Italia conviene nettamente essere assunti dalle aziende private: gli storici vantaggi di essere dipendenti dello Stato non ci sono piu'". Lo ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalita', direttivi e quadri PA, nel corso della tavola rotonda "Status della dirigenza in venti anni di contrattazioni", organizzata all'interno del convegno Confedir-Unadis "Venti anni dalla privatizzazione del pubblico impiego: la dirigenza dello Stato tra riforma, controriforma e prospettive future", in corso di svolgimento al Centro Congressi Cavour di Roma.

Pacifico ha ricordato come in Italia l'approvazione negli ultimi due decenni di una serie di decreti legislativi, in particolare il 29/1993, il 165/01 e il piu' recente 150/09, noto anche come decreto Brunetta, per mere ragioni di finanza pubblica ha in realta' introdotto una sempre piu' spinta privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, con evidenti riflessi negativi sulla carriera di dirigenti e dipendenti dello Stato, anche in deroga a precise scelte negoziali e diritti non comprimibili.

"L'esperienza privatistica nel pubblico - ha sottolineato il sindacalista Anief-Confedir - ha influito sulla materia delle pensioni, del trattamento di fine servizio, della produttivita' e del merito, della razionalizzazione, dei licenziamenti, della mobilita', della stabilizzazione, subendo una controriforma che ha reso precari gli impegni assunti negli anni dai Governi con le parti sociali, sotto la scure dei mercati, fino a penalizzare ingiustificatamente e discriminativamente i lavoratori assunti nel pubblico rispetto al comparto privato".

Durante l'intervento, Pacifico ha ricordato che i Governi degli ultimi anni si sono particolarmente accaniti contro i dipendenti pubblici: non e' stata prevista alcuna 'finestra' sulla riforma delle pensioni attuata dalla riforma Fornero, si e' tornati alla trattenuta del 2,5% sul Tfr, si e' attuato il blocco del contratto per il quadriennio 2010-2013 con riduzione del potere d'acquisto degli stipendi a 23 anni fa, si e' attuata la riduzione degli organici della PA (-275.000 posti di lavoro negli ultimi sei anni) con conseguente applicazione della mobilita' coatta-cassa integrazione, si e' introdotta la deroga alla stabilizzazione dei precari della scuola e della sanita' prevista dalla Unione Europea (direttiva 1999/70/CE).

Su quest'ultimo punto, la mancata assunzione dei precari di lungo corso, con almeno 36 mesi di servizio, il sindacalista ha ricordato che l'Italia si e' gia' meritata, da parte dell'Ue, l'avvio di pericolose procedure d'infrazione: "la logica che prevale - ha detto Pacifico - e' ormai quella di un sistema che ha fatto della precarieta' in questi ultimi anni uno strumento di finanza pubblica per conseguire risparmi altrimenti irraggiungibili ma in spregio al principio di non discriminazione censurato dai tribunali del lavoro".

Pacifico si e' infine soffermato sulla proposta di intesa sulle nuove relazioni sindacali, avanzata il 6 marzo 2013 dal Governo alle parti sociali, in aderenza al decreto Brunetta: "ignorando l'espressione negativa della Consulta (sentenza n. 223/12) sul blocco degli automatismi di carriera dei magistrati (art. 9, c. 21, L. 122/2010), il Governo uscente ha caldeggiato la sostituzione, a partire dagli anni successivi, degli scatti di stipendio con il sistema premiale della performance individuale, sempre che siano reperite risorse aggiuntive derivate da nuovi risparmi. A questo punto ogni ulteriore commento e' superfluo".

Fonte: Italpress

 

A vent'anni dalla riforma (dl 29/1993) che ha 'privatizzato' il pubblico impiego, l'Unione nazionale dei dirigenti dello Stato (Unidas) e la Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione (Confedir), nel corso di un convegno a Roma al quale hanno partecipato numerosi dicenti universitari e alti dirigenti dello Stato, si sono interrogati sui risultati degli interventi normativi che negli ultimi anni hanno ridisegnato l'intero sistema amministrativo italiano e hanno lanciato alcune proposte.

"Siamo di fronte ad una grossa riforma che e' rimasta incompleta - ha spiegato Stefano Biasioli, segretario generale di Confedir -, perche' la volonta' specifica dell'intervento normativo, cioe' separare le responsabilita' politiche, d'indirizzo, da quelle gestionali, da affidare ai dirigenti, e' stata largamente non realizzata, per colpa di una classe politica che, a tutti livelli, ha continuamente interferito nell'attivita' dei dirigenti". Nello specifico, ha continuato Biasioli, "la regola generale riguardante la scelta, esclusivamente per concorso, della dirigenza pubblica e' stata piu' volte derogata dalle politica, portando ad un ampio utilizzo dello spoil-system all'interno di tutta la P.A., condizionandone cosi' la qualita' e quantita' degli atti".

"Bisogna ritornare - ha auspicato il leader di Confedir – allo spirito iniziale della norma e cioe' una netta separazione dei compiti, creando delle chiare dicotomie tra l'indirizzo politico e le gestione, attraverso una diversa organizzazione della dirigenza pubblica, ripristinando in tutti gli enti i due livelli dirigenziali e realizzando delle fasce di merito per dare a ogni dirigente la giusta valorizzazione".

Per Biasoli, quindi, i due strumenti fondamentali sono "la trasparenza e considerare la dirigenza della P.A. come una parte sociale, non escludendola, cosi' come e' accaduto, invece, nel corso delle recenti consultazioni del premier incaricato Pierluigi Bersani. Ha incontrato tutti, tranne i dirigenti".

"Noi chiediamo - ha detto Barbara Casagrande, segretario generale di Unidas - che si torni ad avere reale autonomia per la dirigenza pubblica. Quindi, a una revisione delle norme che rendono la dirigenza schiava di una cattiva politica, con una spoil-system becero e deleterio. Vogliamo, di nuovo, la clausola di salvaguardia che prevede lo spostamento a un incarico inferiore solo dopo una valutazione negativa. Oggi - ha continuato - non e' cosi' e questo non ci rende liberi nello svolgere le funzioni".

Altra richiesta riguarda la maggiore attenzione ai profili di responsabilita' della dirigenza, cioe' "il riconoscimento di retribuzioni diverse a fronte di responsabilita' diverse. Non tutti gli uffici dirigenziali sono uguali: un ufficio di un consigliere e' diverso da un ufficio operativo di gestione che emette mandati di pagamenti per milioni di euro".

Casagrande ha inoltre sottolineato che "la riforma di venti anni fa, con le controriforme avvenute nel tempo, purtroppo e' stata surclassata. Esiste, ad esempio, una norma che in venti anni e' stata modificata diciannove volte. Noi vorremmo la certezza del diritto. Per questo - ha concluso - chiediamo anche che si intervenga una volta sola, nel corso di una legislatura, precisando bene l'autonomia e il ruolo della dirigenza".

Fonte: Italpress

 

"L'Eurostat torna a 'bacchettare' lo Stato italiano per i suoi pessimi risultati in ambito scolastico. Stavolta l'istituto statistico dell'Ue ha messo in evidenza un dato di cui il nostro Paese dovrebbe vergognarsi: siamo l'unico nell'Europa a 27 dove gli abbandoni scolastici non si riducono. Mentre l'Ue ci chiede di far anticipare l'uscita dal sistema scolastico a meno del 10% di giovani, noi ne continuiamo a perdere prima del termine dell'obbligo formativo quasi il doppio. Con punte del 25% in Sicilia, Sardegna e Campania. E facciamo rilevare una situazione da allarme rosso nel biennio delle superiori". Lo afferma in una nota l'Anief.

Secondo Marcello Pacifico, presidente del sindacato, quanto rilevato dall'Eurostat e' una conseguenza della politica dei tagli ad oltranza adottati negli ultimi anni: "Negli ultimi sei anni - spiega il sindacalista - sono stati cancellati 200 mila posti, sottratti 8 miliardi di euro ed ultimamente si e' pensato bene di far sparire quasi 2mila scuole a seguito del cosiddetto dimensionamento, anche se poi ritenuto illegittimo dalla Consulta. Ora, siccome e' scientificamente provato che i finanziamenti sono strettamente correlati al successo formativo, questi dati non sorprendono. Ma sicuramente amareggiano".

"Con gli istituti ridotti allo stremo, tanto che alcuni dirigenti sono arrivati a chiedere ad ogni famiglia fino a 300 euro l'anno di contributi, e' una conseguenza inevitabile che le scuole non possano organizzare un adeguato orientamento scolastico e universitario - spiega l'Anief -. Anche nel canale d'istruzione terziario, infatti, ci distinguiamo. E sempre in negativo. Il numero di giovani iscritti all'universita' che raggiunge la laurea e' infatti il piu' basso di tutti. Tanto che l'Italia si posiziona, in alcune fasce d'eta', oltre 15 punti percentuali sotto la media europea".

"Il problema - continua Pacifico - e' che invece di investire nella formazione, in professionalita', in tempo scuola, in competenze, ad iniziare da quelle nell'Ict, in Italia si continua a considerare l'istruzione un comparto da cui sottrarre risorse. Anche a livello universitario, si e' pensato che eliminare la figura (fondamentale!) del ricercatore non avrebbe avuto contraccolpi. Invece eccoci ancora una volta a tirare delle somme clamorosamente in perdita. Per il nuovo governo, quando arrivera', quello dell'istruzione e della formazione dovra' per forza diventare un settore centrale: con artigianato, turismo e nuove tecnologie a supporto. Il tempo sta scadendo: il baratro e' dietro l'angolo".

Fonte: Italpress

 

"Il presidente Anief e delegato Confedir alla Scuola, Marcello Pacifico, lo aveva scoperto e denunciato da tempo, confrontando il numero degli aventi diritto al voto alle ultime due tornate per l'elezione delle RSU. Ora la conferma arriva dai tecnici del Tesoro. La riduzione avvenuta tra il 2008 e il 2013 di 4.000 scuole autonome su 12.000 (con la scomparsa di altrettanti posti di dirigenti, dsga, ata), la riduzione del 35% del personale ATA e di 4 ore del tempo scuola settimanale degli studenti in ogni ordine e grado, l'introduzione del maestro unico e l'eliminazione dell'insegnante specialistico di lingua inglese (con la caduta dei livelli di apprendimento degli alunni dal 2° al 32° posto nei rapporti Pirls), il tetto sugli insegnanti di sostegno (dichiarato incostituzionale nel 2010), l'innalzamento di un punto percentuale del rapporto alunni/docenti hanno peggiorato il servizio scolastico, aumentato la dispersione e peggiorato i livelli di apprendimento dei nostri studenti, mortificando le aspettative maturate dai 200.000 precari formati dallo Stato per insegnare e lasciate nel limbo delle graduatorie ad esaurimento". E' quanto si legge in una nota dell'Anief.

"Soltanto di recente, dopo i ricorso seriali nei tribunali del lavoro per la violazione della Direttiva europea 1999/70/CE in tema di stabilizzazione, il Governo ha sbloccato migliaia di immissioni in ruolo senza, pero', smettere di discriminare i supplenti, ai quali continua a non riconoscere gli scatti stipendiali di anzianita'", prosegue il sindacato.

Per Marcello Pacifico "questi dati ci confermano che le riforme approvate negli ultimi anni sulla scuola sono state dettate soltanto da esigenze di risparmi senza alcun progetto pedagogico. E' arrivato il momento di cancellarle in questa legislatura e puntare verso una direzione opposta: obbligo scolastico fino all'universita', riforma dell'apprendistato, aumento degli investimenti e degli organici".

Fonte: Italpress

 

Non si arresta l'azione dell'Anief. Stavolta il giovane sindacato ha determinato l'assunzione di un docente precario attraverso il Tribunale di Trani, a cui si era rivolto per chiedere la stabilizzazione dopo aver svolto un numero superiore ai 36 mesi di servizio a tempo determinato richiesti.

Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, esprime forte soddisfazione: "siamo riusciti a far assumere a tempo indeterminato un docente la cui precarieta' lavorativa si protraeva da troppi anni. Ormai c'e' un dato inequivocabile su cui in tanti si troveranno d'accordo: quando vi sono i presupposti, ricorrere alla giustizia paga. Sia in termini di risarcimento pecuniario adeguato, sia ai fini dell'assunzione a tempo indeterminato per aver svolto per diversi anni la professione e ritrovarsi ogni volta a ripartire daccapo. L'Anief continuera', dunque, a tutelare i diritti di questi lavoratori. Perche' non meritano di operare in uno Stato che formalmente fa parte dell'Europa, ma poi nei fatti ne rimane lontano".

Pacifico ricorda, infine, che "per assistere all'esito dei tanti ricorsi sulla stabilizzazione del personale precario presentati dall'Anief alla corte di Strasburgo bisognera' aspettare. Probabilmente il 2014, ma comunque non piu' di un anno. Nel frattempo, sono gia' esecutive le sentenze sui risarcimenti e sull'applicazione degli scatti immediati. E' la dimostrazione, a dispetto di alcuni 'mal di pancia', che ormai anche il giudice nazionale ha trasformato una fondata linea di pensiero in un inconfutabile punto di arrivo".

Fonte: Italpress

 

"I dati emessi dal ministero del Lavoro sul sensibile aumento dei licenziamenti praticati nel 2012, rispetto all'anno precedente, rappresentano una sonora bocciatura della riforma Fornero". A sostenerlo è Marcello Pacifico, delegato Confedir per le alte professionalità della P.A. e presidente Anief, dopo aver appreso dello storico sforamento di quota un milione di lavoratori italiani licenziati in un solo anno.

Si tratta di un dato inequivocabile, che induce lo stesso sindacalista a chiedere ai nuovi parlamentari di attivarsi per modificare il prima possibile la norma sui licenziamenti "facili", ponendo il tema della tutela del lavoro al centro dell'azione legislativa.

"Per quasi un biennio - continua il rappresentante Confedir-Anief - si è discusso della modifica dell'articolo 13 dello Statuto dei lavoratori, della necessità di introdurre maggiore flessibilità ai fini di una maggiore occupazione e di introdurre licenziamenti per giusta causa. Siamo stati 'bombardati' dai messaggi di un Ministro tecnico che rassicuravano i precari, sia del comparto pubblico che privato. I numeri ci dicono che si trattava di promesse infondate. All'aumento del 13,9% dei lavoratori rimasti senza lavoro, dobbiamo infatti aggiungere le procedure di infrazione trasformatesi in atti di messa in mora per la mancata stabilizzazione per i tanti precari che hanno svolto 36 mesi di servizio negli ultimi 5 anni senza riscuotere alcuna considerazione".

"È davvero deplorevole, inoltre, che ancora oggi il Governo continui ad ignorare le ragioni del suo gap di trattamento dei dipendenti pubblici e privati rispetto all'Europa - sottolinea il sindacato -: a fronte di una filosofia di assunzioni a tempo indeterminato ormai accolta da tutti i Paesi moderni, in Italia si continua imperterriti a fare 'orecchie da mercante'. Al punto che il ministro della Funzione Pubblica è arrivato recentemente a proporre un accordo che prevede la proroga dei rapporti a tempo determinato per 10 mila dipendenti, senza tenere conto dei 'tetti' fissati dall'Ue. Ignorando completamente, inoltre, il dato che esistono diverse decine di migliaia di docenti e Ata della scuola che vantano diversi anni di supplenze di lunga durata".

"È un dato inequivocabile che la privatizzazione dei contratti del pubblico impiego, introdotta 20 anni fa, abbia agevolato questa perdita di diritti - sottolinea Pacifico - preparando il terreno alla normativa derogatoria dei patti contrattuali siglati. E allontanando l'Italia dalle regole condivise in una Repubblica fondata sul lavoro e sulla tutela dei suoi cittadini lavoratori, anche a tempo determinato, che meritano un accesso adeguato al lavoro e alla giusta retribuzione".

Il sindacato è infine preoccupato "per la mancanza di prospettive di sviluppo nazionale, della mancata considerazione e valorizzazione dell'enorme patrimonio culturale di cui dispone il Paese: la politica dei tagli ad oltranza e dei licenziamenti facili sta portando il Paese verso una inesorabile depressione, da cui sarà difficile uscire".

Fonte: Italpress

 

Arrivare a sorteggiare i supplenti cui pagare lo stipendio, come accaduto al liceo linguistico Rosmini di Grosseto, e' la dimostrazione del grave stato di sofferenza economica che stanno vivendo le quasi 10mila scuole esistenti in Italia. Lo sottolinea l'Anief che reputa pero' non corretta la decisione presa dai responsabili del liceo di Grosseto di pagare lo stipendio dei supplenti attraverso il ricorso al sorteggio.

"Ha sbagliato la dirigente scolastica a proporlo e hanno sbagliato le Rsu ad accettare questa soluzione", dichiara il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico. "Le rappresentanze sindacali dell'istituto - continua il rappresentante del giovane sindacato - avrebbero fatto molto meglio a chiedere la messa in mora dell'amministrazione scolastica: si tratta, infatti, di un atto che comporta il sicuro recupero degli stipendi, maggiorato dei danni procurati e degli arretrati. E' dimostrato che a fronte di una richiesta di messa in mora per la retribuzione stipendiale dovuta, garantita a partire dall'articolo 36 della Costituzione sino alle norme sul lavoro e ai contratti in vigore che ne derivano, il datore di lavoro, in questo caso lo Stato, trova improvvisamente la liquidita' necessaria per procedere ai pagamenti", conclude il presidente dell'Anief.

Fonte: Italpress

 

"Avviare corsi di formazione professionale di massa e programmare una vera alfabetizzazione per migliorare la conoscenza dell'italiano, ma anche delle lingue straniere e dell'informatica: sono queste le prime risposte da dare a livello nazionale se si vuole risollevare il nostro Paese dal baratro culturale e formativo in cui ci siamo cacciati, bene evidenziato nelle ultime ore da uno studio Eurostat che ha messo a confronto gli investimenti di spesa pubblica per cultura e scuola". Lo scrive l'Anief in una nota.

"Per quanto riguarda la prima, l'Italia si colloca in fondo alla classifica europea, con appena l'1,1% di investimenti rispetto al Pil, a fronte di una media Ue pari al doppio - continua la nota -. Scarso anche l'investimento a favore dell'istruzione, per la quale in Italia si spende solo l'8,5% del Pil: se confrontato con la media Ue del 10,9%, non ci collochiamo all'ultimo posto solo per la presenza della Grecia. La strada per risollevare culturalmente il Paese era stata indicata gia' 14 mesi fa da Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir ai direttivi e alle alte professionalita' della PA, nel corso della presentazione da parte del giovane sindacato scolastico alla Confedir Mit della proposta di piano di sviluppo economico".

Fonte: Italpress

 

I tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici italiani rischiano seriamente di vedere cancellati gli scatti di anzianita' in busta paga previsti per legge. Sulla scia di quanto e' stato stabilito in queste ultime ore nel Regno Unito, nei giorni scorsi il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha infatti annunciato ai sindacati l'intenzione di arrivare a destinare le cifre stipendiali accessorie solo ai lavoratori statali che abbiano dimostrato particolari meriti e performance professionali.

A lanciare l'allarme e' Marcello Pacifico, presidente dell'Anief e delegato Confedir per le alte professionalita'. "Mentre in Italia si parla sempre piu' con insistenza di una proroga del blocco degli scatti stipendiali anche per il 2014, i nostri governanti stanno gettando le basi per arrivare a far sparire l'unica fonte di incremento in busta paga dei dipendenti pubblici - spiega -. Stipendi, e' bene ricordarlo, che in certi casi, valga per tutti quello dei collaboratori scolastici, i cosiddetti 'bidelli', ad inizio carriera non superano i mille euro. Considerando che nell'ultima campagna elettorale questa cifra e' stata indicata dal Movimento 5 Stelle e dal suo leader Beppe Grillo come l'assegno sociale da corrispondere alle famiglie indigenti, e' evidente che stiamo parlando di buste paga che rasentano la soglia di poverta'".

Il sindacato ricorda, a tal proposito, che "gli scatti stipendiali rimangono per i dipendenti pubblici, ad iniziare da quelli della scuola - che tranne una minima percentuale non hanno possibilita' di fare carriera - l'unica reale fonte di adeguamento al costo della vita. Soprattutto nelle fasi di blocco contrattuale, come quella che stiamo vivendo da alcuni anni. Il fatto che da un paio d'anni alcuni sindacati abbiano mostrato disponibilita' su questo fronte, calpestando un diritto garantito a partire dall'articolo 36 della Costituzione, non puo' trovarci d'accordo: un'organizzazione seria, che ha come unico scopo quello di tutelare gli interessi e la dignita' dei lavoratori, non puo' palesare nessuna condivisione per un indirizzo di questo genere".

"Tra l'altro - prosegue il sindacalista Anief-Confedir – le avvisaglie di tale prospettiva vi sono gia' state. Basti pensare al piano di cancellazione di un quarto del personale scolastico (circa 250 mila dipendenti) dal fondo accessorio. Con il mantenimento della quota agli altri dipendenti solo a condizione che si fosse realizzato un risparmio nel proprio comparto di appartenenza. Facendo finta di dimenticare che, sempre per rimanere nella Scuola, negli ultimi anni sono stati cancellati 200 mila posti. E che il miglioramento dell'offerta formativa e' stato di recente abbattuto del 25%. Per non parlare del fallimento della privatizzazione, ormai ventennale, dei contratti del pubblico impiego. A fronte di tutto cio', ancora una volta, per i lavoratori dello Stato il ricorso al Tribunale si e' cosi' dimostrato l'unica via percorribile".

"Con i magistrati - continua Pacifico - che ci hanno dato ragione, bloccando l'illegittimo blocco degli scatti automatici introdotto attraverso il comma 2 dell'articolo 9 della legge 122 del 2010. Anche se chi ci governa non vuole tenerne conto, noi annunciamo sin da subito che non arretreremo la nostra posizione: Anief ha avviato in tempi non sospetti i suoi contenziosi in Tribunale per tutelare i lavoratori della scuola. Presto Confedir allarghera' questa prospettiva a tutti i dipendenti della pubblica amministrazione. L'obiettivo e' quello di reperire risorse aggiuntive per mantenere gli scatti automatici. E, nel contempo, premiare il merito. Sempre se attuato attraverso criteri trasparenti ed imparziali, stabiliti dal legislatore. E non certo dal datore di lavoro, in questo caso lo Stato. Non e' possibile - conclude Pacifico - barattare il merito di alcuni con la poverta' di tutti".

Fonte: Italpress

 

L'iscrizione della bambina in prima media è stata respinta da un istituto della Valle Susa. Eppure la legge però è chiara: “Nessuna scuola può rifiutare, neppure per motivi tecnico-logistici, l'iscrizione di un alunno disabile”. Un mese fa l'allarme dell'Anief sul blocco delle assunzione degli insegnanti di sostegno.

“La scuola è aperta a tutti” recita il primo paragrafo dell’articolo 34 Costituzione italiana. Forse non lo ricordano o non lo sanno quelli che hanno risposto a due genitori che non c’era posto per la figlia in una scuola della Valle Susa. E questo anche se l’alunna in questione è cieca. L’iscrizione della bambina alla prima media è stata quindi respinta. La legge però è chiara: “Nessuna scuola può rifiutare, neppure per motivi tecnico-logistici, l’iscrizione di un alunno disabile”. A denunciare una storia di ordinaria assurdità è l’Apri, Associazione Piemontese Retinopatici e Ipovedenti, che ha raccolto la protesta dei genitori, che vivono in un piccolo paese della Valle Susa. La risposta dell’istituto “è gravissima – sostiene Marco Bongi, presidente dell’Apri -. Il diritto alla frequenza è sancito dalla legge n. 104/1992, dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 215/ 1987 e dalla Circolare Ministeriale n. 262 del 1988. Non escludo che si possano ravvisare anche responsabilità di carattere penale”.

L’istituto, nella lettera ai genitori, argomenta la decisione spiegando che la domanda “non può essere accolta perché il numero delle iscrizioni supera la capacità recettiva dell’aula”. “Siamo davvero stanchi – dice la mamma – di essere palleggiati da un plesso all’altro. Mia figlia, già sfortunata per la sua malattia, avrebbe bisogno di tranquillità e stabilità. Invece abbiamo trovato solo problemi e poca considerazione”. Che può essere spiegata anche con la carenza di persone. Anche se esiste una circolare recentissima del marzo scorso che ribadisce come bisogna intervenire e cosa fare con gli studenti disabili.

Poco più di un mese fa il ministero dell’Istruzione aveva informato che contavano già un milione di domande arrivate online per la formazione delle prime classi del prossimo anno scolastico. Il numero complessivo degli iscritti che da settembre siederanno sui banchi di scuola: ci saranno 27mila studenti in più rispetto agli attuali. L’Anief, una delle associazioni professionali più attive nel mondo della scuola, aveva quindi lanciato l’allarme l’allarme: “Sono dati davvero sconfortanti quelli che il ministero ha fornito ai sindacati in vista del prossimo anno scolastico: gli alunni della scuola italiana previsti sono oltre 6 milioni e 858mila. Rispetto all’anno in corso aumenteranno di quasi 30mila unità, soprattutto alla primaria (con leggero calo alle medie), ma per effetto del blocco normativo approvato con la legge 111/2011 il numero di docenti rimarrà bloccato. L’organico sarà lo stesso di quest’anno: 600.839 posti di docente comuni e 63.348 di sostegno. Ciò comporterà un ulteriore innalzamento del numero di alunni per classe. E diventerà soprattutto sempre maggiore la distanza tra il numero di alunni disabili e i docenti di sostegno di ruolo”. “In molti casi la didattica non potrà essere garantita – sosteneva profetico Marcello Pacifico, presidente Anief – in particolare laddove le ore di sostegno che lo Stato concederà agli alunni portatori di handicap o con problemi di apprendimento saranno molte di meno rispetto a quelle che la legge prevede”.

Questo avviene anche e soprattutto perché a oggi è stato stabilizzato solo il 65% dell’organico di docenti di sostegno. Almeno 35mila insegnanti specializzati attendono di essere assunti, malgrado i posti di lavoro siano vacanti e disponibili. E con un docente precario ogni tre, quello che si produce è un risultato di forti disagi per i ragazzi e per le loro famiglie”. “Non occorre essere esperti di formazione scolastica per capire che in questa situazione non si riesce a sviluppare un valido progetto didattico” continuava Pacifico aggiungendo che così “a fare da garante per famiglie e studenti continuano ad essere i giudici”.

La circolare ministeriale per gli alunni disabili

Fonte: Il Fatto Quotidiano

 

Il sindacato ha convinto i giudici di primo grado che è necessario valutare anche la verifica pratica ai fini del raggiungimento della soglia minima di 28/40, utile per l’ammissione alle prove orali. Una decina le classi di concorso interessate. Nel mirino c’è ora la verifica in lingua straniera: nella scuola primaria sarebbe facoltativa.

Non si arresta l’impeto di ricorsi dell’Anief contro le norme che regolano il concorso a cattedra per 11.542 posti. Come promesso sin dall’uscita del bando, lo scorso settembre, l’organizzazione sindacale di Pacifico continua la sua opera “demolitoria”, a suon di ricorsi. Che in alta percentuale vengono accolti dai giudici.

Stavolta il via libera è arrivato dal Tar del Lazio per favorire la partecipazione alle prove laboratoriali per tutti coloro che hanno ottenuto un punteggio pari almeno a 18/30 alle prove scritte.

L’Anief è riuscita di fatto a dimostrare che è necessario valutare anche la prova di laboratorio ai fini del raggiungimento della soglia minima di 28/40, necessaria per l’ammissione alle prove orali del concorso a cattedra.

Il Tar Lazio, con ordinanza n. 1477/13 su ricorso n. 2652/2013 dell’Avv. Tiziana Sponga, ha in effetti riconosciuto il diritto dei ricorrenti che avevano ottenuto almeno 18/30 alle prove scritte a partecipare alla prova di laboratorio, attraverso cui avranno la possibilità di poter raggiungere la soglia minima di 28/40, utile per l’ammissione alla successiva prova orale.

La sentenza potrebbe a questo punto costituire un precedente importante. E favorire i ricorsi che potrebbero condurre, a questo punto, i candidati delle classi di concorso A020, A033, A034, A059, A060, A025, A028, C430, A038, A047, A049. Sempre a patto che abbiano ottenuto un punteggio pari ad almeno 18/30 alle prove scritte. “A tal fine – fa sapere l’Anief - il sindacato ha predisposto un’istanza di accesso agli atti da inviare all’USR competente per conoscere il punteggio ottenuto alla prova orale”.

Ma non finisce qui. Perché l’organizzazione capitanata da Marcello Pacifico ha anche preso di mira anche la decisione di imporre a tutti la prova in lingua straniera. Per l’Anief, invece, in base al decreto legislativo 297/94 che all’articolo 400, commi 1-12, disciplina lo svolgimento di tutta la procedura concorsuale, nella scuola primaria sarebbe una verifica facoltativa. “Da Roma, invece, - scrive il sindacato autonomo - si è deciso di inserire nel bando di concorso (D.D.G. n. 82 del 24 settembre 2012) da una parte (art. 7, c.3) la prova obbligatoria in lingua straniera nelle prove scritte del 1° marzo per la scuola primaria”.

Conclusione: questa decisione, assieme a quella di scorporare le prove laboratoriali dalle prove scritte per la scuola superiore per valutare preliminarmente i prime tre quesiti prima dell’accesso alla successiva prova pratica, viene considerata “contra legem, secondo il principio che quod lex dixit vigorem legem habet”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

"Ancora una buona notizia per decine di migliaia di precari della scuola: dopo le tante condanne prodotte dai giudici di primo grado nei confronti del Ministero dell'Istruzione per la mancata progressione di carriera accordata ai supplenti annuali, cominciano ora ad arrivare le conferme da parte delle Corti di Appello".

Lo afferma in una nota l'Anief, che prosegue: "La prima di questo genere e' giunta da Torino, dove con sentenza n. 205 del 14 febbraio 2013, i giudici di merito hanno rigettato il ricorso del Miur, condannandolo anche alle spese, dando piena ragione ad una docente di scuola elementare con diversi contratti a termine che in primo grado aveva ottenuto il riconoscimento al pagamento delle differenze retributive, i cosiddetti 'scatti' biennali, che avrebbe vantato se fosse stata assunta di ruolo. I giudici della Corte di Appello di Torino hanno anche in questo caso dato ragione alla docente - spiega il sindacato - perche' le logiche di risparmio della spesa pubblica non possono essere annoverate tra le ragioni oggettive necessarie per disapplicare la normativa comunitaria sui contratti a termine, in osservanza alle recenti sentenze della Corte di Giustizia europea: sostenere il contrario, come fa sistematicamente lo Stato italiano con i precari della scuola, significa continuare a violare la clausola 4 della direttiva 1999/70/CE, recepita dall'art. 6 del d.lgs. 368/01, creata dal legislatore sovranazionale proprio per far prevalere il principio di non discriminazione".

"A tal proposito, vale la pena ricordare che nella gerarchia delle fonti normative quando al giudice si palesa il contrasto tra norme interne e comunitarie, questi ha l'obbligo di disapplicare le prime in favore delle seconde - prosegue la nota -. Come nel caso di specie. Per l'Anief, che attraverso il suo legale, l'avvocato Rinaldi, ha assistito la docente, si tratta di un altro importante successo dopo le tre recenti sentenze del tribunale del lavoro di Trapani che hanno assegnato complessivamente oltre 500mila a tre docenti precari "storici" della scuola pubblica".

"La sentenza della Corte di Appello di Torino – sottolinea Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla Scuola - conferma la sistematica violazione in Italia della normativa comunitaria in tema di precariato della scuola: negli ultimi 14 anni, si e' preferito chiamare annualmente i supplenti invece di assumerli in ruolo per ragioni di finanza pubblica che, seppur comprensibili, non possono mortificare la professionalita' dei lavoratori e discriminarli in tema di retribuzione".

"Oggi, chi ricorre in tribunale, seppure di fronte a una forte resistenza dello Stato italiano, trova finalmente quella stessa giustizia che e' reclamata in altri Paesi europei. Per quanto riguarda, invece, il diritto alla conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato - conclude Pacifico – si deve attendere con serenita' il prossimo giudizio della Corte di Giustizia europea che e' stata investita della questione dal giudice Coppola di Napoli".

Fonte: Italpress

 

Nel formulare le proposte per uscire
 dall'impasse politico e trovare un'intesa programmatica per la
 formazione del nuovo Governo, ricordate sempre la centralita'
 della Scuola. In particolare, tenete presente che vi sono tre
 ambiti fondamentali su cui intervenire con celerita' per
 rilanciare il sistema di istruzione e di ricerca del Paese: la 
gestione del personale, l'innalzamento dell'obbligo scolastico e
 del tempo scuola, la riforma dei programmi". Lo scrive Marcello 
Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la Scuola, in
 una lettera aperta al presidente della Repubblica Giorgio
 Napolitano e ai dieci 'saggi'.


"Per quanto riguarda il primo punto, occorre ricordare la 
necessita' di garantire il rispetto delle piu' moderne direttive
 comunitarie, sia ai fini della stabilizzazione professionale dei
 precari che hanno svolto piu' di 36 mesi di servizio per lo Stato
 negli ultimi 5 anni, sia per trovare delle rinnovate soluzioni a 
proposito della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti
 - prosegue Pacifico -. Come accade in Belgio, per questo stesso
 personale, che svolge un lavoro altamente logorante, e' inoltre
 necessario introdurre delle 'finestre' per uscire anticipatamente
 ed evitare di incorrere nel 'burnout'. Per coloro che hanno alle
 spalle oltre due decenni di insegnamento e non intendono lasciare 
il servizio, e' poi sempre piu' indispensabile prevederne 
l'utilizzazione come 'tutor professionali' da mettere a 
disposizione delle nuove leve di insegnanti. Come, infine, e'
 necessario introdurre una reale formazione in servizio di tutto il
 personale scolastico, sia per l'approfondimento/aggiornamento di
 ogni disciplina, sia per l'adozione delle procedure 
scientificamente piu' adeguate nel campo del sostegno agli alunni
 disabili".

"A proposito del secondo punto, diventa sempre piu' cogente 
l'esigenza di garantire l'istruzione obbligatoria sino all'ultimo 
anno della scuola secondaria di secondo grado - sottolinea il
presidente dell'Anief -. Nel contempo, appare fondamentale 
approvare con urgenza una seria riforma dell'apprendistato, che 
colleghi la scuola con il mondo del lavoro, come avviene in
Germania dove un milione e mezzo di giovani ne hanno di recente 
tratto reale giovamento. Come diventa indispensabile tornare a
 detenere un'istruzione universitaria di qualita', cui garantire 
adeguate risorse e alla quale va restituita la preziosa opera del
 ricercatore. Tali manovre, inoltre, devono essere sempre 
accompagnate da un'adeguata riprogrammazione della produzione 
economica ed industriale del Paese, che poggi sul rilancio
 dell'enorme patrimonio culturale che il nostro Paese detiene".


"Per quel che riguarda l'ultima azione da attuare prioritariamente 
a favore dell'istruzione italiana e dei suoi giovani cittadini,
 quella della revisione dei programmi scolastici, e' evidente che 
e' oramai anacronistico parlare di contenuti da 'calare' a livello 
locale, regionale o nazionale: facendo parte di un contesto
 europeo, l'Italia deve necessariamente collocare le competenze da
trasmettere alle nuove generazioni su un livello di piu' ampio 
respiro - conclude Pacifico -. A tal fine, e' imprescindibile 
l'adozione della seconda lingua straniera per l'intero percorso di 
studi. Come non puo' essere piu' procrastinata la decisione di 
introdurre lo studio comunitario e delle radici europee come
 materia trasversale".

Fonte: Italpress

 

Stavolta è il Codacons a rilanciare il tema dei risarcimenti cospicui: l’associazione ha calcolato che l’amministrazione deve in media 30mila euro a ricorrente. Considerando anche le sentenze vinte dai sindacati e che di recente i giudici hanno corrisposto ai precari difesi dall’Anief indennizzi record, al Miur forse farebbero bene ad affrontare la questione una volta per tutte.

Continua il pressing di associazioni e sindacati nei confronti del ministero dell’Istruzione per il trattamento vessatorio condotto verso i precari di lungo corso. Il solco tracciato dall’Anief, ha fatto di questo tema un suo cavallo di battaglia, riuscendo in più occasioni a smontare in tribunale le deroghe esplicite dello Stato italiano nei confronti delle norme europee (in particolare la direttiva 1999/70/CE) che prevedono l’assunzione automatica dopo 36 mesi di servizio, è stato negli ultimi mesi percorso anche da altre rappresentanze dei lavoratori. E pure da alcune associazioni. Come il Codacons, che il 3 aprile ha fatto il punto della situazione, intimando al Miur “di risarcire gli insegnanti precari con la cifra complessiva di circa 7,5 milioni di euro”: in caso contrario l’amministrazione l’organismo a tutela dei consumatori guidato da Carlo Rienzi si dice pronto “a pignorare il palazzo storico di Viale Travestere a Roma dove ha sede il dicastero".

Per l’associazione tutto questo ha arrecato un chiaro “danno economico agli insegnanti, privandoli degli scatti di anzianità e dei benefici economici derivanti dall`assunzione a tempo indeterminato. Proprio sulla base di tale principio tutti i Tribunali del lavoro hanno condannato il Ministero dell`istruzione a risarcire i precari con le differenze tra gli stipendi percepiti negli anni e quelli che avrebbero percepito se fossero stati assunti a tempo indeterminato, oltre gli scatti d`anzianità e gli interessi legali maturati. Una cifra che si aggira attorno ai 30mila euro a precario", conclude il Codacons.

Considerando le ormai innumerevoli cause vinte dagli altri sindacati e che alcune di queste hanno assunto una portata risarcitoria decisamente più consistente – sempre l’Anief ha dato notizia di recente di tre indennizzi superiori a 150mila euro – occorre a questo punto capire se allo Stato converrà mantenere in piedi questa guerra a colpi di ricorsi in Tribunale. Oppure approntare, assieme agli stessi rappresentanti dei lavoratori, un piano straordinario (Mef permettendo) di immissioni in ruolo. Che riducendo il numero di precari storici, ridurrebbe anche la quantità di vertenze in corso.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Chi ha superato le prove scritte del concorsone della scuola e aspetta la convocazione per l'orale, sa che la sua attesa per il posto fisso sarà ancora lunga perché quel posto non si libererà più così presto. E l'ostacolo ha nome e cognome: riforma Fornero.

Non hanno ancora concluso le prove del concorsone della scuola che già vedono nero sul loro futuro occupazionale: gli 11.542 posti in palio non sono più garantiti. Eppure rappresentavano il miraggio che aveva fatto decidere tanti aspiranti docenti a provarlo quel concorso anche se non lo ritenevano giusto. E adesso che chi ha superato le prove scritte e aspetta la convocazione per l'orale, sa che la sua attesa per il posto fisso sarà ancora lunga perché quel posto non si libererà più così presto. E l'ostacolo ha nome e cognome: riforma Fornero.

Con le nuove, contestatissime regole, di fatto i pensionamenti vengono bloccati, l'età per lasciare il lavoro aumenta e di conseguenza si allontana la stabilizzazione per i precari e l'assunzione per i vincitori del concorso. I sindacati lanciano l'allarme di fronte ai dati sulle domande di pensionamento diffusi dal ministero dell'Istruzione: i docenti che usciranno dal mondo del lavoro da settembre saranno poco più di 10 mila, contro gli oltre 20 mila dello scorso anno. Insomma i pensionamenti sono dimezzati.

Per la Cgil Scuola gli effetti della riforma Fornero sono disastrosi. Si moltiplicherà il numero di docenti ultrasessantenni costretti a rimanere dietro la cattedra; così come è destinato a crescere il numero di anni di precariato. “Il nostro Paese, infatti - aggiunge l'Anief, l'associazione di docenti, ricercatori e precari - annovera già da tempo i docenti più vecchi dell'area Ocse e manda in ruolo i precari alle soglie dei 40 anni. Ora, con le nuove norme ci ritroveremo con un numero altissimo d’insegnanti stanchi e demotivati, costretti a rimanere in cattedra loro malgrado".

Fonte: TG3

Vai al servizio (Edizione del 02/04/2013 delle ore 14:20 - minuto 19:25)

 

Sempre più giudici del lavoro danno esecuzione alla sentenza n. 41/2011 con cui la Consulta aveva reputato inapplicabile il modello delle “code” ideato dall’ex ministro Fioroni. Esulta l’Anief: oltre ai cospicui risarcimenti, grazie all’assunzione retroattiva potranno partecipare alla mobilità senza il vincolo di rimanere nella provincia per 5 anni.

Ricordate la disputa sui trasferimenti a “pettine” e in “coda”, con protagonisti i docenti abilitati precari che a partire dal 2009 e fino al 2011 erano stati penalizzati per aver chiesto di cambiare provincia nelle graduatorie permanenti, poi diventate GaE? Ebbene, dopo che i giudici costituzionali, attraverso la sentenza n. 41/2011, avevano reputato inapplicabile il modello delle “code”, ideato nel 2007 dall’ex ministro Giuseppe Fioroni e sponsorizzato dalla Lega Nord per scoraggiare gli spostamenti di massa sulle località con più posti vacanti, le vertenze hanno preso una piega decisamente favorevole ai ricorrenti.
A fare il punto della situazione su questa vicenda, che nel 2011 ha costretto il Miur a “congelare” 1.500 assunzioni, è in questi giorni l’Anief: l’associazione sindacale guidata da Marcello Pacifico ha prima messo in evidenza come le aule di giustizia stiano “demolendo le illegittime situazioni imposte dalla Lega nell'avventato tentativo di comprime il diritto costituzionalmente garantito alla mobilità territoriale e all'immissione in ruolo in base al merito. Attraverso le decine di sentenze favorevoli ottenute, inoltre, il sindacato ha dato degna risposta a quei ‘falsi profeti’ che tempo fa davano per certo l'arrivo di un nuovo ‘tesoretto’ in favore del Miur a discapito dei nostri iscritti: la serietà e la competenza nel difendere e tutelare i diritti costituzionalmente garantiti si dimostrano solo con i fatti e non con le vane parole. Il tempo ci ha dato ragione e il Ministero dell'istruzione, è proprio il caso di dirlo, sta imparando la lezione pagandone (tutte) le spese”. Con lo Stato che “continua a pagare ingenti condanne alle spese e cospicui risarcimenti danni per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.”.
Questo qualche giorno fa. Le notizie di questi giorni, invece, ci dicono che i tribunali avrebbero iniziato non solo ad indennizzare quei supplenti. Ma anche ad assumerli. Il giudice del lavoro gli ha riconosciuto infatti “il contratto a tempo indeterminato dal 1° aprile 2009 per l’accertato abuso dei contratti a termine e della conclamata disparità di trattamento tra personale assunto a tempo determinato e di ruolo”.
Sono coloro che a causa della collocazione forzata in coda, poi reputata illegittima, si sono visti negare l’assunzione a titolo definitivo. E che ora a Catanzaro, Caltanissetta, Verbania, Parma, Roma e Velletri è arrivata. Con gli interessi: “i destinatari dei pronunciamenti favorevoli – conclude l’Anief - potranno, non appena registrata la nomina in ruolo ‘retrodatata’ al 2009 o al 2010, beneficiare anche della precedente e più favorevole normativa prevista dal CCNI e partecipare liberamente alle operazioni di mobilità territoriale anche fuori provincia”. Quindi, potranno chiedere di essere trasferiti anche fuori provincia sin da subito. Senza attendere i 5 anni previsti dal regolamento introdotto in occasione dell’ultima doppia tornata di immessi in ruolo.

Fonte: Tecnica della Scuola
 

Tuttoscuola

Tecnica della Scuola

Studenti.it

Bologna2000

Agenparl

Italpress
SCUOLA: ANIEF "MINISTRO PROFUMO RITIRA DECRETO SU MATURITÀ A 18 ANNI"
ROMA (ITALPRESS) - "Ora e' ufficiale: fonti sicure interne al
Ministero dell'Istruzione danno per tramontata l'intenzione del
ministro Profumo, espressa alcuni giorni fa tra lo stupore
generale, di avviare un percorso di studi ridotto che avrebbe
portato ad anticipare gli esami di maturita' a 18 anni al posto
degli attuali 19. Salta, cosi', il piano immediato di
sperimentazione del progetto, attraverso cui gia' dal prossimo
anno scolastico una decina di istituti 'pilota' avrebbero
eliminato un anno di scuola d'infanzia o cancellato il quinto anno
di corso della scuola primaria oppure ristretto a una sola
annualita' l'attuale biennio iniziale della scuola superiore". Lo
afferma in una nota l'Anief, che sin dal primo momento ha respinto
con forza tutte e tre le ipotesi. "Prima di tutto perche' questi
percorsi formativi improvvisati ci avrebbero allontanano, anziche'
avvicinarci, ai modelli di studio in vigore nella gran parte dei
Paesi piu' avanzati dell'area Ocse - spiega il sindacato -. In
secondo luogo perche' ci avrebbero propinato l'ennesima riforma
tagli-posti, mascherata da una improbabile proposta
didattico-pedagogica: il vero obiettivo della riduzione del
percorso scolastico rimane infatti quello di cancellare almeno 50
mila posti di lavoro, dopo i 200mila gia' dileguati nel nulla, per
le solite esigenze di 'cassa', negli ultimi sei anni".
L'Anief ha poi sempre sostenuto che "un ministro dimissionario,
appartenente ad un Governo tecnico privo di consenso elettorale,
deve limitarsi all'ordinaria amministrazione. E non di certo
avventurarsi in sperimentazioni da cui dipende il futuro formativo
di milioni di giovani studenti".
(ITALPRESS) - (SEGUE).
sat/com
28-Mar-13 16:19
NNNN
SCUOLA: ANIEF "MINISTRO PROFUMO RITIRA DECRETO SU MATURITÀ A 18 ANNI"-2-
"I nostri giovani - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief -
non hanno bisogno di percorsi di studio ridotti, ma di una
maggiore alfabetizzazione e specializzazione. Non si comprende il
motivo per cui il Miur presta attenzione a queste iniziative a dir
poco discutibili, mentre si continuano ad ignorare le vere
emergenze dell'istruzione e formazione in Italia. Come l'abbandono
universitario del 25% e quello della scuola dell'obbligo, in
alcune aree del Paese ancora maggiore. Per quale motivo non si
pensa ad introdurre, proprio per superare l'alto numero di giovani
che lasciano gli studi precocemente, di introdurre un serio
apprendistato, come avviene in Germania dove oltre un milione e
mezzo di alunni praticano con successo l'alternanza
scuola-lavoro?".
"Sarebbe poi utile capire - continua il presidente Anief - come
mai si continua a non introdurre l'organico funzionale negli
istituti, con la gestione delle risorse umane finalmente delegata
ad ogni singola scuola autonoma. Come sarebbe stato molto utile
avviare un albo di 'orientatori', composto da formatori esperti
cui i tanti studenti disorientati della scuola medio-superiore e
dell'universita' si potrebbero rivolgere. Sono tutte iniziative -
conclude Pacifico - che chiederemo al nuovo Ministro. Dopo esserci
preso il giusto merito di avere fermato l'assurdo progetto di
riduzione di un anno del tempo scuola".
(ITALPRESS).
sat/com
28-Mar-13 16:19
NNNN
 

"A chi concludera' positivamente i corsi universitari verra' negato di inserirsi nelle graduatorie ad esaurimento, quindi di aspirare alle supplenze di lunga durata e alle immissioni in ruolo. Rimangono fuori i supplenti con 360 giorni di supplenze e i soprannumerari. Introdotto, infine, un inutile test d'ingresso non selettivo. In arrivo un'altra stagione di ricorsi al Tar del Lazio". E' quanto si legge in una nota dell'Anief. 

"Dopo tanta attesa, il ministero dell'Istruzione partorisce un decreto che in tre anni portera' all'abilitazione circa 75mila precari della scuola. Peccato che si tratti di un percorso di serie B", dice il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico. "Questa volta il ministro Profumo si e' superato - continua - perche' e' riuscito a bandire un decreto che permettera' a decine di migliaia di docenti precari di acquisire un'abilitazione incompleta: il testo firmato vieta infatti ai nuovi docenti che supereranno le prove finali dei corsi universitari di inserirsi nelle graduatorie ad esaurimento. E questo significa che sara' negato loro di mettersi in lista di attesa per aspirare alle supplenze annuali e alle immissioni in ruolo".

Fonte: Italpress

 

Viale Trastevere ammette il danno subito da migliaia di precari e collaboratori scolastici di ruolo (che non hanno potuto usufruire dei vantaggi derivanti dall’art. 59 del Ccnl), a causa della situazione di stallo riguardante il personale inidoneo e gli ex Itp degli enti locali. Soddisfazione dai sindacati.

Non vi saranno “code” giudiziarie per la vicenda delle mancate supplenze annuali causato dal blocco delle immissioni in ruolo di tutto il personale Ata, derivante a sua volta dalla situazione di stallo riguardante il personale inidoneo e gli ex Itp degli enti locali (che ha trovato soluzione solo in questi giorni). Il 22 marzo il Miur, infatti, ha emesso una nota, la n. 2932 del 2013, che a seguito dei “numerosi quesiti” pervenuti allo stesso dicastero di viale Trastevere, dà il via libera all’opportunità “di riconoscere il servizio ai soli fini giuridici al personale ATA inserito nelle graduatorie, che avrebbe avuto diritto alle nomine su posti attualmente ricoperti, invece, da personale titolare di contratti fino all’avente diritto ex art.40 legge 449/97 e inserito nelle graduatorie di istituto”.

Nella nota, il direttore generale Luciano Chiappetta spiega che “in considerazione del ritardo della procedura di transito dei docenti inidonei nel profilo ATA,s i ravvisa l’opportunità che, in sede di conciliazione con gli Uffici scolastici territoriali o presso le Direzioni provinciali del lavoro, venga riconosciuta la validità del servizio, ai soli fini giuridici, a coloro i quali si trovavano in posizione utile per il conferimento di supplenza annuale o temporanea”.

Il Miur ha così di fatto riconosciuto il danno subito da migliaia di precari e collaboratori scolastici di ruolo (che non hanno potuto usufruire dei vantaggi derivanti dall’art. 59 del Ccnl).

La nota si concluda con un’altra concessione: quella riguardante il “personale ATA che abbia avuto una supplenza annuale negli anni scolastici 2008/09, 2009/10 e 2010/11 e non abbia usufruito nell’a.s. 2011/12 dei benefici del salva-precari perché titolare di contratto fino al 30 giugno”: nei loro confronti dovrà “essere riconosciuto il relativo punteggio per i mesi di luglio e agosto 2012”.

L’esito positivo della vicenda è stato accolto con piena soddisfazione dai sindacati. In particolare dall’Anief, che attraverso un comunicato trionfante ricorda di essere stato “l’unico sindacato ad aver depositato in tutti gli ambiti territoriali italiani le richieste di tentativo di conciliazione per il riconoscimento giuridico dell’incarico non assegnato a causa delle nomine all’avente titolo ex art. 40”. Il sindacato autonomo si sofferma sul fatto che “ora, il Miur riconosce la bontà della battaglia sindacale intrapresa e per evitare contenzione al giudice del lavoro invita gli ex-provveditorati a conciliare sul tema del riconoscimento del servizio”. E chiude, pertanto, invitando “tutto il personale che non ha ancora inviato il tentativo di conciliazione a farlo immediatamente”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

"Avanzando inesistenti motivi di adeguamento del percorso di studi italiano a quelli europei, il Ministro dell'Istruzione Francesco Profumo ha oggi comunicato ai sindacati la decisione unilaterale di voler avviare una sperimentazione nelle scuole statali, al fine ridurre di un anno il percorso di studi, con gli esami di maturita' anticipati quindi a 18 anni". Lo afferma in una nota l'Anief.

"Profumo ha anche spiegato che i percorsi da intraprendere, sempre sperimentalmente, saranno tre: anticipare a 5 anni la scuola primaria, eliminando quindi un anno di scuola d'infanzia; ridurre di un anno, probabilmente l'ultimo, la scuola primaria; cancellare il primo o secondo anno di corso della scuola secondaria di primo grado - prosegue la nota del sindacato -. Anief respinge, indistintamente, tutte e tre le ipotesi. Prima di tutto perche' si tratta di percorsi che ci allontanano, anziche' avvicinarci, ai modelli di studio in vigore nei Paesi piu' avanzati dell'area Ocse. In secondo luogo perche' si tratta dell'ennesima riforma, mascherata da proposta migliorativa, che ha un solo obiettivo: cancellare almeno altri 50mila posti di lavoro, dopo i 200mila gia' spariti, per le solite esigenze di "cassa", negli ultimi sei anni. Il terzo motivo e' che un Ministro dimissionario, appartenente ad un Governo che non c'e' piu' e privo di consenso elettorale, deve limitarsi all'ordinaria amministrazione, non di certo all'introduzione di sperimentazioni che giocano contro la formazione dei nostri giovani".

"I nostri alunni - commenta Marcello Pacifico, presidente Anief - non hanno bisogno di percorsi di studio ridotti, ma di una maggiore alfabetizzazione, all'interno di una scuola di qualita'. Le emergenze sono altre, come l'abbandono universitario del 25% e quello della scuola dell'obbligo ancora maggiore. Ma anche introdurre un serio apprendistato, come avviene in Germania dove oltre un milione e mezzo di alunni sono stati introdotti al lavoro attraverso questo prezioso percorso formativo".

"Sarebbe poi importante - prosegue - introdurre l'organico funzionale negli istituti, con la gestione delle risorse umane finalmente delegata ad ogni singola scuola autonoma. Ma anche avviare un albo di 'orientatori', composto da formatori esperti cui rivolgersi per unificare le esigenze degli studenti della scuola medio-superiore e dell'universita'. Il Ministro Profumo la smetta con questi blitz, utili solo a ridurre spese e a farsi pubblicita' sulla pelle di milioni di giovani cui si vuole negare un anno di tempo scuola e un diritto all'istruzione completa costituzionalmente garantito".

Fonte: Italpress

 

Ieri il Ministro Profumo ha firmato il decreto per il transito dei docenti inidonei e degli ITP soprannumerari nei ruoli ATA. Ricordiamo che si tratta di un primo passo e che il decreto deve ancora essere controfirmato sia dal ministro dell’Economia che dal ministro della Funzione Pubblica. M5S presenta interrogazione parlamentare. Decreto docenti inidone e ITP: "scellerato e pure raffazzonato..."

Immedite le reazioni. Ieri abbiamo pubblicato l'intervento della responsabile scuole del PD al presidio dei docenti inidonei a Roma, che ha promesso una modifica della legge e anticipando di aver chiesto l'adesione anche alle altre forze politiche.

Indignata, secondo un comunicato inviatoci dai Cobas, la Presidente della Camera, Boldrini, che ha definito "inaccettabile" il provvedimento. Secondo il comunicato, la Boldrini ha dichiarato "di rendersi conto di quanta possa essere la frustrazione di entrambe le categorie coinvolte e di quante vite sarebbero sconvolte da questo provvedimento. Pur consapevole dello scarso e limitato tempo a disposizione, si impegna a fare tutto ciò che è nelle sue possibilità e capacità per evitare che venga adottato un decreto che rischia di penalizzare migliaia di persone."

Il sindacato ANIEF ha inviato un comunicato nel quale annuncia un nuovo ricorso al Tar per annullare il provvedimento alla firma, nei prossimi giorni, del Mef e della Funzione Pubblica. Il comunicato con i particolari

"La decisione del Ministero di cambiare unilateralmente il profilo professionale di tanti insegnanti della scuola - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola - rappresenta l'apice della cattiva gestione dell'istruzione pubblica italiana. Contemporaneamente si mortificano tantissimi professionisti, in buona parte vittime di seri problemi di salute, anche derivanti da cause di servizio, utilizzandoli su ruoli a loro sconosciuti; si lasciano prive del personale addetto le biblioteche scolastiche; si usa ancora una volta come 'ruota di scorta' il delicato comparto del sostegno agli alunni disabili".

Da canto loro, i senatori del M5S hanno presentato una interrogazione a risposta scritta per interrogare il Ministro dell’Istruzione sulla situazione dei docenti inidonei. In particolare i 13 cittadini al Senato della Repubblica per il M5S chiedono al Ministro “in che modo intenda tutelare le sorti degli inidonei vessati dalla norma sulla spending review votata dalla maggioranza Pd-Pdl-Udc che sosteneva il governo Monti” spiega la prima firmataria Nunzia Catalfo. “Questa norma obbliga i docenti inidonei e gli insegnanti tecnico-pratici a transitare nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausilario (ATA). “Non ci fermeremo a questo per tutelare i docenti inidonei e le altre figure che subiscono gli effetti nefasti della cosidetta spening review – continuano i firmatari dell’interrogazione – e stiamo predisponendo un apposito disegno di legge”.

I Cobas, che in questi giorni hanno organizzato un presidio davanti al MIUR (le immagini del nostro video servizio), hanno così commentato il provvedimento:

  1. Transitano sui posti di assistenti amministrativi o tecnici che si rendono annualmente vacanti e disponibili (cioè sono costretti ad abbandonare le scuole che hanno scelto nonostante siano vicine alle proprie abitazioni o ospedali da raggiungere in caso di urgenza);
  2. se si sottopongono a visita e sono guariti possono tornare sul ruolo docente;
  3. in ogni scuola non può esserci più di un posto ATA per gli inidonei (ma se sono in grado di fare gli ATA perché si ritiene che più di una unità sia nociva per la collettività?) ;
  4. chi è in servizio presso gli uffici periferici dell’amministrazione può richiedere di permanervi, previo parere positivo del dirigente (sappiamo che alcuni direttori generali hanno nelle proprie segreterie inidonei da garantire);
  5. se nella domanda di passaggio non si specifica il profilo presso cui essere spostati si viene spostati di ufficio sui posti dei tecnici o sui posti dei collaboratori scolastici - ex bidelli - (se si sbaglia domanda si è puniti);
  6. chi è già “inidoneo” è inquadrato nel ruolo del personale ATA a partire dal 1° settembre 2012 con decreto collettivo del direttore regionale (la punizione è retroattiva) ;
  7. il personale inidoneo deve conteggiare il punteggio posseduto per avere la sede provvisoria richiesta (il personale deve anche fare da solo i conteggi del proprio punteggio).

Il testo del decreto

Fonte: Orizzonte Scuola