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Dopo il sindacato, lo dice pure la scienza: è vero che i vaccini hanno un ruolo fondamentale e innegabile nel contenere la pandemia di Covid-19, soprattutto evitando la malattia nelle forme gravi, ma poiché il virus SarsCoV2 continua a circola anche tra i vaccinati, diventa necessario non abbandonare le misure di protezione, come mascherine, distanziamento e igiene. Lo si apprende da una ricerca internazionale pubblicata sull’European Journal of Epidemiology dal gruppo dell’Università di Harvard. Svolta in 68 Paesi e 2.947 contee degli Stati Uniti, la ricerca indica che non c’è una correlazione fra l’aumento dei casi di Covid-19 e la percentuale di popolazione vaccinata: i primi continuano ad aumentare anche dove sono state vaccinate molte persone perché i vaccini, pur essendo la prima e fondamentale linea di difesa dal virus SarsCoV2, da soli non bastano se non si continuano a usare le mascherine, il distanziamento e la sanificazione.
“L’Anief lo dice inascoltata da mesi – dichiara Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief -, invece in Italia abbiamo assistito a un passo indietro rispetto a questi elementi considerati basilari per mettere all’angolo il virus. Diventa sempre più inconcepibile il fatto che nel nostro Paese si debba avere imposto il Green Pass, mentre si è addirittura fatta una retromarcia sul distanziamento minimo, continuando ad autorizzare anche 25-30 alunni per classe e con gli organici del personale pressoché immutati. Come pure per il ricambio dell’aria. Delude anche il mancato utilizzo di test salivari. I risultati di questa politica sbagliata sono sotto gli occhi di tutti: i casi di quarantena e quindi di ritorno alla dad sono in risalita, continuando così a produrre apprendimenti, a distanza, più difficoltosi, oltre che – conclude il sindacalista autonomo - la mancata socializzazione di cui hanno tanto sofferto i giovani nell’ultimo anno e mezzo sempre causa Covid”.
Per le lavoratrici c’è rimasta solo una strada per andare in pensione anticipatamente, oltre a quelle classiche che prevedono l’uscita a 67 anni o con 42 anni e oltre di contributi: è “Opzione Donna”. Riguarda le dipendenti con un’età anagrafica pari a 58 anni al 31 dicembre 2002 (nate entro il 31 dicembre 1962) e con un’anzianità contributiva di 35 anni al 31 dicembre 2020: solo che sono obbligate a optare per il calcolo della pensione con il sistema contributivo. E siccome il passaggio a questo modello comporta lo sviluppo di un montante previdenziale decisamente peggiorativo rispetto a quello retributivo classico, c’è il rischio di arrivare a percepire fino al 30% in meno nell’importo dell’assegno previdenziale. In pratica, una lavoratrice che ha accumulato dei contributi che le garantirebbero una pensione sui 1.800 euro si potrebbe trovare ad assicurarsi un assegno di appena 1.200 euro. Un esempio che riguarda da vicino stipendi e pensioni proprio delle docenti.
Secondo Marcello Pacifico, leader dell’Anief, “si continua a giocare sulla pelle di chi ha lavorato una vita e invece di ritrovarsi con una pensione degna di questo nome viene messo di fronte a un bivio, se non ad un ricatto. Perché di questo si tratta, nel momento in cui le dipendenti della scuola, che sono i tre quarti del personale, sono messe di fronte alla scelta di continuare a lavorare, pur in presenza di una condizione mentale e fisica non più adatta a fronteggiare la complessità dell’impegno, oppure di lasciare il servizio anticipatamente pagando un costo salatissimo in termini di taglio all’assegno pensionistico. Basterebbe adottare gli stessi parametri di accesso alla pensione previsti per i lavoratori delle forze armate, permettendo al personale della scuola, uomini compresi, di lasciare in ogni caso il lavoro a 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza. Non si tratterebbe di nessuna concessione, visto l’alto numero di casi di insegnanti sottoposti a burnout e a patologie invalidanti dovute allo stress da lavoro prolungato e senza nemmeno il dovuto riconoscimento del rischio biologico, invece previsto per altre professioni anche del comparto pubblico. La verità – conclude Pacifico - è che serve una deroga immediata, con effetti nel 2022, rispetto alle uscite della riforma Monti-Fornero: ‘Opzione Donna’ comporta un prezzo da pagare a dir poco ingiusto”.
Anief, in convenzione con Cedan, conferma anche per quest’anno l’assistenza e il supporto specializzato per l’invio delle domande di pensionamento: è possibile contattare via web la sede Anief più vicina.
La nostra struttura copre tutte le regioni italiane.
Siamo presenti in tutte le province.