La pubblica amministrazione dispone di una banca dati sulle diagnosi di inidoneità al lavoro dei docenti, in prevalenza donne sopra i 45 anni, presso l’Ufficio III del Ministero Economia e Finanze: “tuttavia questi dati sono resi indisponibili dal predetto ufficio anche a sindacati e università”, denuncia oggi il dottor Vittorio Lodolo D'Oria, tra i massimi esperti esperto in malattie professionali degli insegnanti, riportando studi scientifici e diverse testimonianze. Il medico sostiene che bisogna impedire “alla burocrazia di celare le verità (scomode) nascoste”, andando a legiferare per introdurre una adeguata prevenzione e l’uscita anticipata dal lavoro. Secondo Lodolo D’Oria, “la questione previdenziale torna a essere attuale, anzi attualissima col ritorno di Elsa Fornero a Palazzo Chigi su chiamata del Presidente del Consiglio Draghi. Oggi più che mai è finita l’epoca delle riforme previdenziali “al buio”, cioè senza conoscere le malattie professionali dei lavoratori, insegnanti inclusi. Tutte le riforme – da Amato (1992) a Monti/Fornero – hanno fatto questo madornale errore che ha generato legittime proteste e incresciose ingiustizie”.
Anief non può che condividere la posizione del medico esperto di malattie professionali. Nella scuola, ricorda il sindacato, non c’è riconoscimento delle malattie derivanti dalla sindrome di burnout, non si adegua lo stipendio agli effettivi rischi che comporta la professione, non si considerano forme di pre-pensionamento che permetterebbero a tanti docenti e Ata di evitare di ammalarsi dopo i 60 anni. Eppure, lo stress da lavoro correlato è previsto dal decreto legislativo n. 81, del 9 aprile 2008, che ha dato attuazione all’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Le norme vigenti prevedono quindi da tempo che chi ha alle dipendenze dei lavoratori è tenuto a controllare e prevenire le malattie professionali. Però negli ultimi 13 anni nelle scuole non si è mai andati oltre alla somministrazione di questionari per registrare lo stato di fatto, anche perché lo Stato si è ben guardato dal finanziare l’attuazione delle norme. E intanto il personale si ammala.
“È nostra intenzione - commenta Marcello Pacifico, leader dell’Anief – di portare in contrattazione il tema della valorizzazione vera del personale tutto della scuola, con il riconoscimento delle indennità di rischio biologico e burnout, di un'indennità di sede lavorativa in caso questa sia diversa dalla residenza abituale e un'indennità di incarico per i contratti successivi ai 24 mesi. Tra le nostre richieste al ministro del lavoro e delle politiche sociali, tramite la Confederazione, c’è poi quella dell’anticipo pensionistico, un’esigenza diventata ancora più forte con la pandemia da Covid19: lo stress da lavoro correlato è cresciuto, perché i docenti hanno operato e continuano ad operare in condizioni ambientali difficili, spendersi e a fare loro metodi didattici alternativi e da adattare ai bisogni formativi dei singoli alunni, alternando didattica a distanza e in presenza, lavorando non di rado a centinaia di chilometri da casa per anni senza possibilità di tornare ad abbracciare figli e parenti. Tutto questo, però, non viene riconosciuto. Così i compensi coprono nemmeno il costo della vita e dopo 35 anni di servizio gli incrementi sono maggiori in Romania, Polonia e Slovenia. Siamo preoccupati – conclude Pacifico – perché ‘Quota 100’ sta volgendo al termine e non si parla più di una formula di pre-pensionamento che permetta, come noi chiediamo, di lasciare nella scuola il lavoro a 62 anni conservando per intero il montante previdenziale creato fino a quel momento”.