Il blocco in questione per gli assegni INPS superiori a tre volte il minimo è stato ribadito dalla legge 65/2015 che sarà scrutinata dal giudice delle leggi. Le ultime due ordinanze in ordine di tempo (nn. 32 e 33 emesse dalle Corti dei Conti di Abruzzo e Piemonte) sono state ottenute nel dicembre 2016 grazie all’azione legale promossa dalla Confedir, dichiara il segretario organizzativo Marcello Pacifico. Invia la diffidaper interrompere i termini di prescrizione in attesa della pronuncia della Consulta che ha già dichiarato illegittimo il precedente blocco previsto dall’art. 24, c. 25 del DL 201/2011 come convertito dalla legge 214/2011 con la sentenza n. 70/2015 e aderisci al ricorso in convenzione con Radamante. Nel frattempo, stiamo diventando sempre più un popolo di anziani: presto 1 italiano su 3 sarà ultra 65enne, servono provvedimenti straordinari e non alzare gli anni di contributi.
I numeri pubblicati oggi dall’Istat sono destinati ad essere confermati per il futuro. Dalle prime stime fornite dal Ministero dell'Istruzione, risulta che l’anno prossimo a lasciare il servizio nelle scuole saranno 12mila docenti e 3mila dipendenti Ata. Vi sono, poi, altri 80mila lavoratori potenzialmente interessati alla pensione anticipata con l'Ape, avendo già compiuto 63 anni di età e trovandosi nella situazione contributiva di almeno 20 anni di versamenti: tranne i maestri dell’infanzia, che accederanno all’anticipo in versione “social” (con una piccola somma da restituire), per gli altri il prezzo da pagare (in vent’anni) sarà, però, davvero alto. Il numero di pensionamenti, quindi, non crescerà di molto rispetto alle attese; e in futuro andrà sempre peggio, per via dell’innalzamento dei requisiti previsti dalla legge di riforma Monti-Fornero.
Per fornire ad ogni lavoratore informazioni dettagliate, Anief ha siglato una convenzione con il Centro servizi Cedan, società autorizzata a erogare, per mezzo della confederazione Cisal, servizi di Caf e patronato.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): per andare incontro ai docenti, uno degli emendamenti presentati in Parlamento da Anief alla Legge di Stabilità era rivolto all’estensione della deroga a tutti i docenti della scuola pubblica, prescindendo dal tipo di corso scolastico di appartenenza. Non si comprende per quale motivo, le nostre istituzioni pubbliche e politiche continuino a negare l’elevato rischio psico-fisico connesso allo svolgimento della funzione docente, senza alcuna distinzione di ordine e grado. Allo stato attuale, invece, obbligare un docente a lasciare il servizio a 70 anni rappresenta una forzatura inconcepibile.
Con il decreto ministeriale n. 941, pubblicato in queste ore, il Ministero dell’Istruzione comunica che entro la fine della seconda decade di gennaio si potranno presentare le candidature “di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite massimo di servizio o di dimissioni volontarie”. Come accaduto nel 2016, si prevede una riduzione delle adesioni, con una cifra attorno alle 20mila unità: attraverso la pensione anticipata occorrono, infatti, 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini; per la pensione di vecchiaia servono 66 anni e 7 mesi di età. I requisiti sono decisamente “alti” e destinati a crescere: tra soli 15 anni, la soglia imposta dalla riforma diventerà pari a 44 anni e 6 mesi per gli uomini e a 43 anni e 6 mesi per le donne. Anche il “tetto” per la vecchiaia si alzerà, fino a 68 anni e 3 mesi di età: peraltro, ulteriormente innalzabili, in caso di incrementi della speranza di vita. Tra le deroghe possibili, che l’attuale Governo ha intenzione di produrre, vi è l’Ape “social”, riservata alle professioni più logoranti, che permette di anticipare di 3 anni e 7 mesi l’età pensionabile ma che il Governo vuole riservare alle sole maestre d’Infanzia.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): non si comprende per quale motivo le nostre istituzioni continuino a negare l’elevato rischio psico-fisico connesso allo svolgimento della funzione docente, senza alcuna distinzione di ordine e grado: tutta la categoria degli insegnanti – ad altissimo rischio burnout – deve infatti fruire delle agevolazioni pensionistiche spettanti a chi svolge un lavoro usurante. Per questo motivo, l’emendamento, come gli altri già presentati a Montecitorio, verrà replicato a Palazzo Madama, dove speriamo che i senatori siano più sensibili dei colleghi dell’altro ramo del Parlamento.
Il personale della scuola – docente, educativo e Ata - potrà chiedere di essere collocato in pensione entro il prossimo 20 gennaio: lo ha deciso il ministero dell’Istruzione, attraverso decreto ministeriale n. 941 pubblicato in queste ore: si tratta delle “domande di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite massimo di servizio o di dimissioni volontarie”, si legge nel D.M. “Lo stesso personale, entro la suddetta data del 20/01/2017, può presentare domanda di trattenimento in servizio per il raggiungimento del limite contributivo o per quanto previsto dall’articolo 1 – comma 257 della legge n. 208/2015” oppure “può presentare domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale”.
La rata per l'Ape volontaria potrà variare tra il 2% e il 5,5% per ogni anno di anticipo, a seconda della percentuale dell'assegno chiesta: il lavoratore che percepisce 2.200 euro lordi di pensione a 67 anni e mezzo e chiede di fruire del periodo massimo di anticipo, rispetto agli assurdi requisiti introdotti con la riforma Fornero, si troverebbe a restituire addirittura 430 euro mensili lordi.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): è un diritto del pensionato percepire un assegno di quiescenza corrispondente ai contributi versati. Chiedere a un cittadino che ha lavorato una vita di privarsi di così tanti soldi, sottratti da una pensione già penalizzata dal nuovo modello di calcolo retributivo, è una provocazione. Bisognava, invece, riconoscere l’elevato rischio psico-fisico connesso allo svolgimento della funzione docente, senza alcuna distinzione di ordine e grado, affinché tutta la categoria degli insegnanti – ad altissimo rischio burnout- possa fruire delle agevolazioni pensionistiche da lavoro usurante. La stessa possibilità che vuole essere data ai docenti d’infanzia, collocando la loro professione tra le logoranti, prevede comunque l’esborso di una differenza; inoltre, per loro, la soglia di contributi minimi versati è di 36 anni. Considerando il lungo periodo di precariato che si chiede ai docenti italiani, saranno molti quelli che non potranno accedere all’Ape 'social'. Lunedì 14 novembre sciopereremo e scenderemo in piazza a Roma anche per questo.
Sul testo definitivo si potrebbe chiudere domani: per i nati tra il 1951 e il 1954 che aderiranno, si prospetta un assegno di quiescenza lontanissimo rispetto a quello percepito dagli attuali pensionati che hanno versato persino meno contributi. La riforma Fornero, infatti, introducendo il contributivo, ne ha già ridotto la consistenza di oltre il 20%. La restituzione dei tre anni e 7 mesi di “scivolo” farà ‘dimagrire’ la pensione di un’altra percentuale simile: per ogni anno d’anticipo pagherà il 5% o il 6% dell'assegno, da restituire in 20 anni. Se si utilizza appieno lo strumento, andando via 3 anni e 7 mesi prima, la quota oscillerà tra il 15% e il 18%. Vi è, poi, l'interesse alla banca e il premio assicurativo anti-premorienza; si arriva a togliere, quindi, un altro 20-25%.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal):è immorale e ingiusto privare un pensionato del diritto di vivere la terza età su livelli proporzionali con i contributi versati. Non comprendiamo perché non abbiano inserito l’insegnamento tra le attività usuranti. Se va bene, sarà concesso solo ai maestri d'asilo. Certamente, le docenti della scuola dell’infanzia svolgono tra le professioni più a rischio burnout, quindi, tra coloro che non debbono restituire nulla in cambio dell’anticipo. Ma è l’insegnamento intero a comportare patologie e stress, quindi, anche per chi insegna nella primaria e secondaria. Se, invece, a decidere per la vita delle persone devono continuare a essere le coperture indicate dal Mef, allora è meglio che lo dicano subito.