Invece di provvedere a stabilizzare decine di migliaia di ricercatori e docenti, da anni, se non decenni, impegnati quotidianamente a condurre la didattica e la ricerca nelle nostre università, da Viale Trastevere, quindi, è arrivata l’idea “geniale”: salvare i corsi di laurea a rischio allargando il numero di professori a contratto: si istituzionalizzano così sempre più rapporti annuali a contratto, spesso in cambio di un mero rimborso spese, ad insegnanti esperti e cultori delle varie materie. Superando, nemmeno di poco, l’originario limite legislativo del 5%. Anche la Legge di Stabilità ha dato il suo contributo negativo. Per non parlare della nuova ripartizione del fondo ordinario degli atenei. È la conferma che oggi in Italia chi ha i titoli e la voglia di insegnare e fare ricerca all’università ha le ali tarpate.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir):il continuo ricorso alla contrattazione privatistica per assicurare la costante erogazione dell’attività didattica, sta mettendo a serio rischio l’intera sopravvivenza del servizio nazionale universitario. Il tutto, calpestando la Carta europea dei ricercatori. Non è un caso se vi sono sempre meno iscritti, troppi studenti fuori corso e un numero altissimo di cultori, assegnisti, dottori di ricerca, ricercatori, verso l’estinzione, e quasi-docenti in perenne attesa di fare il “salto” negli organici accademici. Ma contro tutto ciò abbiamo deciso di dire basta: se necessario ricorreremo fino alla Curia europea.
Dopo la forte crescita negli anni di avvio della riforma, il passaggio dalla scuola superiore all'università è andato sempre più riducendosi: ormai si iscrive ad un corso di laurea solo un “maturato” su due, pochi anni fa erano il 17% in più. In questi giorni il Miur, invece di affrontare la situazione, sbloccando anche il nodo degli organici, ha pensato bene di pubblicare il decreto che ripartisce circa il 20% del Fondo di finanziamento ordinario alle università statali e il decreto sul “costo standard” di formazione per studente in base al merito. Penalizzando gli atenei e gli iscritti nei contesti accademici più svantaggiati, ad iniziare da quelli del Sud.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): se si fa un confronto con l’Europa, siamo quasi la maglia nera per spesa pubblica destinata all’istruzione. Nell’ultimo periodo le tasse richieste dalle Università agli studenti fuori corso sono aumentate dal 25% al 100%. E pensare che soltanto il 15% degli italiani tra i 25-64 anni ha un livello di istruzione universitario rispetto a una media Ocse del 32%. Con la percentuale di studenti quindicenni che spera di conseguire la laurea scesa dal 51,1% del 2003 al 40,9% del 2009.
La nuova ripartizione del Fondo per il Finanziamento Ordinario è già stata firmata dal Ministro, Stefania Giannini, e inviata alla Corte dei conti. Le rassicurazioni del Miur: oltre il 22% delle risorse disponibili quest’anno sarà distribuito sulla base delle performance dei singoli atenei, tra quota premiale, programmazione triennale, dottorati di ricerca, fondo per i giovani e fondo perequativo. Tra i requisiti figura anche l’internazionalizzazione delle università.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): il Ministero parla di clausole di salvaguardia, ma è evidente che queste risorse verranno assegnate con il contagocce negli atenei collocati nei contesti svantaggiati: si ragiona, infatti, sulla base di performance di carattere nazionale. E un modello simile potrebbe purtroppo essere in serbo anche nella scuola, dove però oltre nel frattempo i fondi si sono già prosciugati.
Attraverso sei punti, approvati della I Commissione 'Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni', si rivede l'organizzazione degli atenei, la gestione del personale accademico e delle assunzioni: spariscono i concorsi annuali; vengono ridotti i professori ordinari per formare commissioni e settori scientifico-disciplinari; CUN e ANVUR avranno un ruolo attivo sulla valutazione; viene prorogata la validità dell'abilitazione; si elimina l'esperto internazionale dalla commissione; si dà priorità nella valutazione alla produzione scientifica dei neo-assunti ai fini del reclutamento; scendono a dieci le pubblicazioni minime.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): molti punti introdotti dall'emendamento al decreto di riforma erano necessari, è mancato però il coraggio di ripristinare la figura del ricercatore a tempo indeterminato, sul cui ruolo insiste il maggiore carico della didattica e il cui reclutamento, rispetto a quello di associati o ordinari, porterebbe evidenti risparmi di finanza pubblica: sono già più di 40mila i giovani ricercatori che non trovano posto nei nostri atenei. È bene che l'Aula di Camera e Senato riflettano bene su questi punti.
L'Università italiana cambia faccia. A distanza di quattro anni dall'approvazione della Legge 240/2010, la riforma sottoscritta dall'ex ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, Maria Stella Gelmini, un emendamento approvato in I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) introduce importanti cambiamenti e modifiche al suo assetto organizzativo: spariscono i concorsi annuali; si riduce il numero degli ordinari per formare commissioni e settori scientifico-disciplinari; arrivano nuove regole per la valutazione, sottoposte a parere del CUN e dell'ANVUR, che tengano conto della specificità della materia; viene prorogata la validità dell'abilitazione; si elimina l'esperto internazionale dalla commissione; si dà priorità nella valutazione alla produzione scientifica dei neo-assunti, ai fini dell'autorizzazione al reclutamento negli atenei; scendono a dieci le pubblicazioni minime possedute.
Così replica Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, alle dichiarazioni di oggi del Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, Stefania Giannini, sulle stime disastrose del CUN a proposito del dimezzamento del numero di docenti universitari entro il 2018 confermato anche dall’ultima Legge di Stabilità: la sparizione di 10 mila professori si somma alla messa ad esaurimento dei ricercatori, alla scarsità di iscritti, alle difficoltà di arrivare alla laurea. Con effetti disastrosi sull’occupazione.
“Non è un collasso, è semplicemente un disastro”: così replica Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, alle dichiarazioni di oggi del Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca, Stefania Giannini, sull’allarme lanciato dal Consiglio universitario nazionale a proposito del previsto dimezzamento del numero di docenti universitari entro il 2018.
“Se per il Ministro ‘parlare di collasso è eccessivo’ – continua Pacifico – noi sosteniamo che sul fronte del reclutamento siamo da tempo all’allarme rosso. Come sindacato, siamo d’accordo però con Giannini quando sostiene che ‘i vincoli che sono stati messi vanno ripensati’. Perché non è più possibile utilizzare il blocco del turn over accademico come controllo del bilancio statale da parte del MEF. Il Governo quindi intervenga in fretta per rivedere la proroga del blocco delle assunzioni fino al 2018”.
L’attuale situazione di stallo sul ricambio dei docenti universitari ha origine con la Legge 133 del 2008, attraverso cui il ricambio dei docenti è stato ridotto al minimo. Trova conferma con la Legge 122/2010, nella quale si conferma il 100% delle assunzioni solo a partire dal 2016. Il blocco, anzi l’epurazione, arriva anche per i ricercatori a tempo indeterminato, attraverso la Legge 240/2010, con la categoria posta ad esaurimento.
La scorsa estate il Governo Letta sembrava volesse cambiare il corso delle cose, approvando finalmente un massiccio piano di assunzioni: la Legge 98/2013 aveva, infatti, dirottato 75 milioni di euro dal fondo per i servizi terziarizzati delle scuole al FFO per i concorsi da bandire negli atenei proprio per favorire l’assunzione dei ricercatori al termine delle procedure di abilitazione nazionale. Ma è durata poco: l’ultima Legge di Stabilità ha, infatti, prorogato la riapertura totale delle assunzioni al 2018, dirottando la riduzione dei fondi (-28 milioni per il 2016, -70 milioni per il 2017, -84 milioni per il 2018) alle necessità di cassa del Ministero dell’Economia.
E ora tutti i nodi stanno venendo al pettine. In queste ultime ore il CUN ci ha detto che entro il 2018 il sistema universitario perderà 9.486 professori ordinari; le ultime stime nazionali indicano che l’Università viene sempre più snobbata dai nostri giovani, come confermato dall’Istat, che di recente ha ravvisato un calo di quasi 10mila immatricolazioni (il 3,3%).
E le conseguenze si fanno sentire pure dopo: il Governatore della Banca d’Italia, Vincenzo Visco lancia l’allarme sullo scarso rendimento in termini di redditi lordi dei lavoratori italiani laureati rispetto a quelli dei grandi Paesi europei (-15 punti); il consorzio Almalaurea si sofferma sulle difficoltà crescenti dei laureati nel trovare un impiego: nell’ultimo quinquennio, ad un anno dal titolo si è passati dal 10% al 26,5% di neo-dottori disoccupati.
“L’unica verità – conclude amaramente il presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è che mentre tutti i Paesi al vertice del G8 aumentano gli investimenti per l’Università e la Ricerca, l’Italia per mere esigenze di cassa continua a reiterare sistematicamente le percentuali di blocco del turn-over: il tempo delle promesse è scaduto, se non si vogliono bruciare generazioni intere si passi con prontezza a risanare il sistema accademico”.